venerdì 14 marzo 2014

Un invito al premier: "Non perda di vista l’orizzonte della famiglia"


LA SVOLTA DEL GOVERNO

L'economista Stefano Zamagni, presidente del comitato scientifico dell'Osservatorio nazionale per le politiche familiari, osserva che "non ci sono stati annunci di provvedimenti organici per la famiglia in quanto tale, ma solo per i redditi dei singoli, che è cosa diversa da una riforma delle politiche familiari. Attendiamo quindi almeno la data della terza Conferenza nazionale sulla famiglia"
Luigi Crimella


“Cento giorni di lotta durissima per cambiare”: così mercoledì pomeriggio il premier Matteo Renzi ha introdotto la conferenza stampa a Palazzo Chigi con la quale ha annunciato una serie di provvedimenti per far ripartire il Paese. Sulle riforme annunciate abbiamo intervistato l’economista Stefano Zamagni, docente all’università di Bologna e presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio nazionale per le politiche familiari.

Come valuta a un primo sguardo i provvedimenti annunciati dal premier Renzi?
“Mi sembra che vadano sicuramente nella direzione giusta. A un primo sguardo e in attesa di verificare gli sviluppi, la vastità degli interventi e l’ampiezza degli stessi appare superiore alle più rosee aspettative. Tutto questo può essere salutato con grande soddisfazione, in particolare direi i finanziamenti previsti per le imprese sociali, che avevamo chiesto già da un paio d’anni. Ora vediamo che finalmente veniamo ascoltati”.

Cosa pensa delle modifiche per il mercato del lavoro e l’apprendistato?
“È una decisione positiva semplificare e incoraggiare l’apprendistato. Noi cattolici dobbiamo ricordare che il primo a prospettare questa strada fu san Giovanni Bosco, nella seconda metà dell’Ottocento. L’intuizione avuta da quel grande santo dell’educazione dei giovani e della formazione al lavoro era stata poi abbandonata e piegata a pseudo-ideologie prive di ogni senso. Ora speriamo che l’apprendistato possa davvero ripartire per rispondere alla voglia di lavoro di tantissimi giovani”.

Tra i critici di Renzi ci sono coloro che parlano di una sua “televendita”, “venghino signori …”, e ridicolizzano l’uso di slides e di promesse non sufficientemente supportate da coperture economiche certe. Lei cosa pensa?
“Bisogna capire che si tratta di interventi di tipo ‘emergenziale. Il giudizio, ribadisco, è complessivamente positivo, ma le risposte alle emergenze valgono per il breve termine. Occorrerebbe, non subito, ma nei prossimi mesi, mettere mano a un disegno istituzionale più complesso. Va in questa direzione l’aumento della tassazione per le rendite finanziarie al 26%, perché modifica le regole del gioco, considerato che la media europea è al 26% appunto. Aggiungerei che non ci sono stati annunci di provvedimenti organici per la famiglia in quanto tale, ma solo per i redditi dei singoli, che è cosa diversa da una riforma delle politiche familiari. Attendiamo quindi almeno la data della terza ‘Conferenza nazionale sulla famiglia’. Doveva esserci l’ottobre scorso, ma è stata rinviata”.

Perché le sembra così importante la famiglia? In fondo Renzi ha detto di puntare sui redditi da lavoro più bassi, quindi implicitamente a sostegno delle famiglie più povere. Non è così?
“Vero, però come Osservatorio delle politiche familiari abbiamo preparato già da tempo il cosiddetto documento di base, con proposte e progetti concreti sui temi specifici della famiglia. Cito la riforma fiscale che tenga conto dei carichi familiari, le misure sulla armonizzazione dei tempi di lavoro e di quella della vita, l’introduzione dei ‘distretti famiglia’ e altro ancora. Basta quindi che il Capo del governo annunci la volontà di occuparsi della famiglia e la nostra macchina organizzativa farà la sua parte. Lavoriamo da un anno e siamo pronti. Non si può dimenticare che, anche dal punto di vista economico, buona parte dei problemi della società sono legati alla sottovalutazione sistemica della famiglia come cellula fondamentale della società. Lo dico non in senso ‘retorico’, ma specifico: il nostro welfare ha bisogno di mettere al suo centro la famiglia, solo così la società può riprendere slancio”.

Quali aspetti delle riforme annunciate le sembrano più problematici?
“Direi che il principale consista nella riforma della burocrazia. Il capitolo sulla riduzione delle remunerazioni dei dirigenti pubblici è un primo passo, ma occorre guardare in faccia la realtà. Abbiamo circa 1 milione di dipendenti pubblici di troppo. Non è sopportabile un costo del genere. Finora, basta sentire qualsiasi imprenditore piccolo o grande, la burocrazia ha impedito al sistema produttivo di sviluppare le proprie potenzialità. Ciò si è tradotto in un gravame non solo per i costi diretti che vengono imposti, ma per quelli legati all’adempimento di formalismi del tutto inutili che nessun altro paese ha. Da noi ogni azienda, anche quelle piccole, deve tenere almeno da 1 a 3 dipendenti per riempire moduli e scartoffie. Ciò è intollerabile e incivile”.

C’è anche il capitolo degli annunci sulla scuola e la casa. Altri aspetti positivi?
“Sì, con una avvertenza: i problemi di scuola e università non sono primariamente legati alla mancanza di fondi, ma piuttosto a una vasta crisi di identità degli insegnanti. Sembra che questi non abbiano più come obiettivo l’educazione, mentre sappiamo tutti che la scuola da sempre è stata la primaria agenzia educativa accanto alla famiglia. Se essa rinuncia a questo compito, noi potremo anche aumentare le dotazioni, ma senza un progetto educativo fallisce comunque il suo compito, perché i giovani lo sentono e capiscono che i docenti non vogliono dare loro la cosa principale, che non è l’istruzione tecnica, ma l’educazione profonda, i grandi valori umani e civili. Questa è la vera riforma della scuola di cui c’è bisogno”.

Fonte: agensir

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