giovedì 6 marzo 2014

Credo


Da Don Massimo Vacchetti
Ci sono cose che trascuriamo. Sono le realtà più vicine, conosciute. Così consuete da esserci straniere. Le diamo per acquisite, scontate. E’ quasi banale soffermarcisi, indugiare per capire meglio, per guardarci dentro, per amarle davvero. “Lo so già” è il nome di una malattia che porta a disinvestire lo sguardo, l’udito, il cuore da ciò che pare essere un dato acquisito. C’è una sorta di presbiopia a guardare la realtà vicina, come se per il fatto stesso di essermi prossima essa mi appartenesse. Per contagio.

Questo epidermico approccio alle cose non vale solo per la realtà materiale, ma anche per quella realtà che è la fede.

Molti si dicono ancora cristiani, ma il contenuto della fede è per lo più sconosciuto. Senza sbagliare molto, possiamo dire di trovarci ad un’apostasia silenziosa. Dio è una realtà così indefinita per gli stessi credenti dall’essere insignificante la sua presenza o meno e più ancora ad essere impreciso il suo volto, come se non avesse mai voluto rivelare il suo Nome.

“Lo so già” è la tentazione di chiunque s’imbatti nel discorso cristiano che, inevitabilmente, come tutte le cose note, risulta noioso e ripetitivo.

Eppure, se solo abbattessimo per un attimo l’impalcatura che riveste, da duemila anni, la nostra vita, ci troveremmo dinanzi ad una facciata monumentale straordinaria e interessante. Se riuscissimo a distoglierci da quella superficiale scontatezza che in certi casi, assume persino le vesti di un odio verso noi stessi, saremmo nella condizione di tornare ad accogliere il fascino del cristianesimo.

Il lavoro di Riccardo Pane “Il Credo” (ed. Studio Domenicano- pag. 58, € 8) risponde a quel tentativo di smontare il pressapochismo di chi convive con la Rivelazione di Gesù Cristo e può, addirittura, pensare che non sia più vera di qualunque altra bella fiaba, di chi pronuncia ogni domenica la sintesi della dottrina cattolica, di chi si professa cristiano con la bocca, di chi traccia con la mano il segno della croce, magari dopo aver segnato un goal, ma fa di questa prossimità un alibi per non conoscere.

Il merito dell’agile libretto è duplice. Il primo è quella di prendere per mano il lettore non in una serie di verità astratte, ma di farlo camminare dentro quelle parole, presuntuosamente, risapute e di dar ad esse un significato, una consistenza nuova e vibrante.

“Parola per parola” è il sottotitolo e ben esprime la volontà di rialfabetizzare il cristiano di un vocabolario che se da un lato ci pare noto, dall’altro risulta vuoto. L’evangelizzazione è nuova non se inventa nuove
formule e riti, ma compie la fatica del discepolo che “trae dal tesoro del Vangelo cose nuove e cose antiche”.

L’altro merito è la brevità. L’intera riproposizione del Credo avviene in un numero di pagine inferiori a quelle delle parole di cui si compone la professione di fede. Una brevità tutt’altro che scarna. Si tratta di pagine sapide e intense, ironiche e dense. L’intera dottrina cattolica è riproposta in un modo teologico, ma allo stesso tempo discorsivo e semplice.

La lettura di un opuscolo così è evidentemente un antidoto alla malattia serpeggiante del “già saputo”, ma risulta anche un ottimo strumento per una catechesi ordinata e integrale.

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