giovedì 27 marzo 2014

La rivolta contro i bonus-manager


di Sergio Menicucci

Altro che tagli alle pensioni! Sono sotto il fuoco incrociato di giornalisti, sindacalisti e Governo le retribuzioni dei supermanager pubblici e privati.

Aveva iniziato l’imprenditore Diego Della Valle a polemizzare con l’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, il quale aveva dichiarato di essere pronto a lasciare l’incarico qualora il Governo decidesse di tagliare o ridurre sensibilmente la sua retribuzione di 850mila euro lordi l’anno, salvo benefit. Da aprile il Tesoro sembra intenzionato a disboscare la macchia dei trattamenti economici al di sopra dei 239.181 euro lordi l’anno, che sono lo stipendio del Presidente della Repubblica, il quale poi gode di un appannaggio per il Quirinale e la gestione della tenuta di Castelporziano e di Villa Rosebery sulla collina di Posillipo, a Napoli.

Si farà chiarezza? Ci sarà mai trasparenza? Altro tetto dovrebbe essere quello del primo presidente della Corte di Cassazione, che è a quota 311mila euro lordi. In tempi di crisi, di tagli in tutti i settori produttivi e di tasse in aumento per il ceto medio (professionisti, partite Iva, pensionati, lavoratori dipendenti e autonomi) certe situazioni pubbliche sono paradossali: dai 6,5 milioni di Paolo Scaroni dell’Eni ai quasi 4 di Fulvio Conti dell’Enel, dai 2,2 di Massimo Sarmi delle Poste al milione di Giovanni Gorno Tempini della Cassa Depositi e Prestiti e Alessandro Pansa di Finmeccanica.

Scendendo troviamo poi i 650mila euro di Luigi Gubitosi direttore generale della Rai, i 750mils di Pietro Ciucci dell’Anas, i 602mila di Maurizio Prato del Poligrafico, i 502mila di Massimo Garbini dell’Enav, i 474mila di Mauro Masi (ex dg della Rai) della Consap, i 430mila di Giuseppe Sala dell’Expo15. Ma l’elenco è lungo.

E nel privato cosa accade? Le retribuzioni dei supermanager delle banche e delle grandi aziende sono anche lì un problema. Nel campo dell’editoria è scoppiato il caso del gruppo Rcs, il cui Consiglio di amministrazione aveva messo all’ordine del giorno la convocazione dell’assemblea degli azionisti per l’8 maggio, dopo il duro scontro tra Della Valle (azionista al 9%) e il presidente della Fiat, John Elkann (azionista al 20,5%) e le dimissioni di Carlo Pesenti, uscito dal patto di sindacato. Ma è stato il secondo punto all’ordine del giorno, il piano bonus per i manager, a far scattare le proteste dei giornalisti, dei tecnici, dei poligrafici del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, che sono in assemblea permanente in attesa di chiarimenti prima della riunione del CdA fissata per domani.

“Un premio vergogna” hanno titolato il documento sindacale le rappresentanze dei lavoratori. La ricompensa all’a.d. Pietro Scott Jovane (750mila euro l’anno dopo aver incassato un bonus d’ingresso in Rcs, proveniente da Microsoft) e ad un’altra ventina di manager “è una beffa vergognosa ed eticamente inaccettabile nei confronti dei dipendenti del gruppo che hanno consentito a loro spese risparmi per 92 milioni e di tutto il Paese impegnato in pesanti sacrifici e tagli”. Il gruppo Rcs ha chiuso il bilancio del 2013 con una perdita di 218, 5 milioni di euro. La redazione inoltre è stata costretta ad assistere, nonostante proteste e scioperi, alla svendita dello storico palazzo di via Solferino, dove il “Corriere” risiedeva da 100 anni e che costituiva una garanzia, anche economica, per tutti i lavoratori. Sbagliata anche la decisione dei vertici di aumentare per 2 volte il prezzo dei quotidiani, che ha danneggiato la vendita dei due quotidiani.

Fonte: L'Opinione

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