giovedì 6 marzo 2014

Nobel per la Pace (del cimitero)

di Stefano Magni
06 marzo 2014ESTERI
 
Invadi un Paese: vinci il Nobel per la Pace. Sembra il titolo di un concorso, sembra uno scherzo, sembra l’ennesima bufala che circola sui social network, come quella, geniale e simpatica, sull’assegno di 1500 euro mensili garantito a chi ospita in casa una ragazza ucraina. E invece no, è proprio tutto vero: Vladimir Putin, con le sue truppe appena dispiegate in un Paese confinante, dopo aver violato anche le più elementari regole del diritto internazionale, è candidato al Nobel per la Pace. Non avete capito male: Nobel per la Pace.
Il Comitato di Oslo non conferma, perché la lista dei candidati è ancora coperta da segreto. Ma gli sponsor possono rivelare i loro candidati. E dunque, secondo gli sponsor russi del presidente del Cremlino, il nome Vladimir e il cognome Putin sono inseriti nella lista dei finalisti per il prossimo Nobel. Proprio in mezzo a una guerra. Allora ne dobbiamo dedurre che il comitato di Oslo, che assegna il prestigioso premio internazionale, ha sceso un altro scalino verso il ridicolo. Dopo il Nobel a Nixon e Le Duc Tho per la “pace” in Vietnam (la guerra scoppiò di nuovo due anni dopo), dopo il premio a un Arafat che non aveva affatto rinunciato al terrorismo, dopo quello preventivo a Obama, appena eletto e non ancora impegnato a bombardare Libia, Pakistan, Afghanistan, Somalia e Yemen… dopo l’ultimo premio Nobel assegnato, neanche a una persona, ma ad un’organizzazione tecnica, l’Opac, prima dell’inizio del suo lavoro di smantellamento dell’arsenale chimico di Assad (lavoro, per altro, tuttora completato solo in minima parte), vanno a pensare di accettare la candidatura di Putin. Perché? Sempre che ci si voglia soffermare sulle spiegazioni ufficiali, gli sponsor russi del loro presidente lo candidano per il suo ruolo nel conflitto siriano, dove contribuì a far cambiare idea a Barack Obama e a preservare il regime di Assad da possibili bombardamenti statunitensi. Il Comitato del Nobel, magari, gli è grato per questo motivo: perché se Obama avesse bombardato pure in Siria, a Oslo avrebbero fatto l’ennesima pessima figura e gli avrebbero dovuto ritirare il premio del 2009. Ma se prendiamo questa notizia sul serio, non troviamo altre spiegazioni razionali. Perché anche per quanto riguarda la Siria, Putin avrà pure contribuito a fermare i bombardamenti Usa (in realtà nemmeno: a decidere per lo stop sono stati Gran Bretagna e Congresso degli Stati Uniti, che al momento buono hanno detto “no”), ma non ha affatto contribuito a fermare la guerra civile siriana. Ha protetto il regime di Assad, permettendo a quest’ultimo di attaccare i ribelli, con altri massacri di civili, come quello tuttora in corso a Homs.
Che Putin sia uno dei più cinici assertori contemporanei della politica di potenza, è dimostrato dall’attuale crisi ucraina, la cui gestione russa ha contraddetto apertamente tutti i principi su cui si fondava la politica russa in Siria: la non-ingerenza negli affari interni, la sovranità e l’integrità nazionali invocati per proteggere Assad, ora vengono sistematicamente calpestati ai danni dell’Ucraina.
Una notizia come quella della candidatura di Putin al Nobel farebbe ridere se non facesse rabbrividire. Perché è l’emblema dell’attuale cultura post-moderna occidentale, che non sa più distinguere fra pace e guerra, fra aggressore e aggredito. Si plaude solo a chi promette (anche senza mantenere la promessa) di fermare una guerra che lui stesso ha iniziato. Speriamo che questa notizia sia solo una bufala. Ma era meglio la bufala delle ragazze ucraine da ospitare: almeno erano una gioia per gli occhi.

Fonte: L'opinione

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