giovedì 27 marzo 2014

Prepensionamenti e 416 ter: pura follia


di Arturo Diaconale

Se è vero che uno dei sintomi della follia è dato dal fatto che chi ne è affetto non ne è minimamente consapevole, bisogna necessariamente concludere che il nostro è un Paese provvisto di una classe dirigente formata da autentici pazzi. Due sono gli esempi che sembrano confermare una diagnosi così inquietante.

Il primo è stato offerto dalla neoministra per la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, con l’annuncio che il Governo si accinge a presentare un provvedimento teso a risolvere con i prepensionamenti un doppio ordine di problemi. Sia quello degli 85mila dipendenti pubblici in eccesso sollevato dal commissario Cottarelli, sia quello dell’altissima disoccupazione giovanile ormai arrivata a livelli insopportabili.

Sulla carta sembra l’uovo di Colombo. Basta prepensionare 85mila dipendenti pubblici arrivati per questioni d’età ad avere alte retribuzioni e sostituirli con 20mila giovani per realizzare un congruo risparmio e ridurre, sia pure di poco, il tasso di disoccupazione. Nella realtà, però, la faccenda non è così normale e tranquilla come potrebbe sembrare. Perché per anni si è sostenuto che il problema delle troppe spese dello Stato era rappresentato dall’altissima spesa pensionistica. E per almeno due decenni è stato perseguito l’obiettivo di ridurre il costo delle pensioni allungando la fase lavorativa della vita.

Siamo ora all’inversione di rotta rispetto a questa linea ventennale? Tutto può essere. Anche se appare decisamente inusuale che questa inversione rispetto ad una tendenza che va avanti fin dai tempi della riforma Dini del 1995 possa essere stata elaborata nell’arco di un solo mese dal ministro Madia e dai suoi tecnici. Si è trattato solo di una “chiacchiera”, allora, come ha sentenziato il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni? Anche in questo caso, tutto può essere. Anche se non si potrebbe definire chiacchiera un atto di evidente schizofrenia. Il secondo esempio è offerto dal cosiddetto 416 ter del Codice Penale, cioè dalla legge in discussione in Parlamento che ridefinisce la fattispecie del voto di scambio e stabilisce che chiunque “accetta il procacciamento di voti” in cambio “di denaro o altra utilità” è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

Anche in questo caso, sulla carta nulla da dire. In linea di principio è sacrosanto che sia punito chi compera voti con il denaro o con altri vantaggi per i suoi elettori. Ma nel concreto anche questa faccenda cambia. Perché gran parte di chi vuole il 416 ter è formato da parlamentari che si battono per il ritorno alle preferenze. E perché, se mai si dovesse intrecciare il ritorno al sistema delle preferenze con l’aggravamento della fattispecie del voto di scambio, il Parlamento diventerebbe automaticamente il regno degli indagati. Con tutte le conseguenze che un evento del genere ha già fatto registrare in passato.

Non bisogna essere garantisti accaniti ma solo osservatori realisti nel rilevare, infatti, che mettendo insieme preferenze, 416 ter, obbligatorietà dell’azione penale e pentitismo, neppure il più specchiato degli uomini politici, soprattutto delle regioni meridionali (ma molte vicende lombarde indicano che anche al Nord le preferenze potrebbero essere il frutto del voto di scambio con mafia e ‘ndrangheta), sarebbe destinato a finire nel tritacarne mediatico-giudiziario. Magari per uscirne assolto dopo qualche anno d’indagine ed un eventuale processo, ma rimanendo nel frattempo delegittimato e paralizzato come rappresentante del potere legislativo.

Anche in questo caso la schizofrenia è evidente. Anche se per molti si dovrebbe parlare di ipocrisia e di paura di esporsi al fuoco dei giustizialisti più forsennati che di semplice malattia mentale. Ma il risultato è comunque lo stesso. Matti o ipocriti che siano creano le condizioni per mandare il Paese allo sfascio!

Fonte: L'Opinione

La rivolta contro i bonus-manager


di Sergio Menicucci

Altro che tagli alle pensioni! Sono sotto il fuoco incrociato di giornalisti, sindacalisti e Governo le retribuzioni dei supermanager pubblici e privati.

Aveva iniziato l’imprenditore Diego Della Valle a polemizzare con l’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, il quale aveva dichiarato di essere pronto a lasciare l’incarico qualora il Governo decidesse di tagliare o ridurre sensibilmente la sua retribuzione di 850mila euro lordi l’anno, salvo benefit. Da aprile il Tesoro sembra intenzionato a disboscare la macchia dei trattamenti economici al di sopra dei 239.181 euro lordi l’anno, che sono lo stipendio del Presidente della Repubblica, il quale poi gode di un appannaggio per il Quirinale e la gestione della tenuta di Castelporziano e di Villa Rosebery sulla collina di Posillipo, a Napoli.

Si farà chiarezza? Ci sarà mai trasparenza? Altro tetto dovrebbe essere quello del primo presidente della Corte di Cassazione, che è a quota 311mila euro lordi. In tempi di crisi, di tagli in tutti i settori produttivi e di tasse in aumento per il ceto medio (professionisti, partite Iva, pensionati, lavoratori dipendenti e autonomi) certe situazioni pubbliche sono paradossali: dai 6,5 milioni di Paolo Scaroni dell’Eni ai quasi 4 di Fulvio Conti dell’Enel, dai 2,2 di Massimo Sarmi delle Poste al milione di Giovanni Gorno Tempini della Cassa Depositi e Prestiti e Alessandro Pansa di Finmeccanica.

Scendendo troviamo poi i 650mila euro di Luigi Gubitosi direttore generale della Rai, i 750mils di Pietro Ciucci dell’Anas, i 602mila di Maurizio Prato del Poligrafico, i 502mila di Massimo Garbini dell’Enav, i 474mila di Mauro Masi (ex dg della Rai) della Consap, i 430mila di Giuseppe Sala dell’Expo15. Ma l’elenco è lungo.

E nel privato cosa accade? Le retribuzioni dei supermanager delle banche e delle grandi aziende sono anche lì un problema. Nel campo dell’editoria è scoppiato il caso del gruppo Rcs, il cui Consiglio di amministrazione aveva messo all’ordine del giorno la convocazione dell’assemblea degli azionisti per l’8 maggio, dopo il duro scontro tra Della Valle (azionista al 9%) e il presidente della Fiat, John Elkann (azionista al 20,5%) e le dimissioni di Carlo Pesenti, uscito dal patto di sindacato. Ma è stato il secondo punto all’ordine del giorno, il piano bonus per i manager, a far scattare le proteste dei giornalisti, dei tecnici, dei poligrafici del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport, che sono in assemblea permanente in attesa di chiarimenti prima della riunione del CdA fissata per domani.

“Un premio vergogna” hanno titolato il documento sindacale le rappresentanze dei lavoratori. La ricompensa all’a.d. Pietro Scott Jovane (750mila euro l’anno dopo aver incassato un bonus d’ingresso in Rcs, proveniente da Microsoft) e ad un’altra ventina di manager “è una beffa vergognosa ed eticamente inaccettabile nei confronti dei dipendenti del gruppo che hanno consentito a loro spese risparmi per 92 milioni e di tutto il Paese impegnato in pesanti sacrifici e tagli”. Il gruppo Rcs ha chiuso il bilancio del 2013 con una perdita di 218, 5 milioni di euro. La redazione inoltre è stata costretta ad assistere, nonostante proteste e scioperi, alla svendita dello storico palazzo di via Solferino, dove il “Corriere” risiedeva da 100 anni e che costituiva una garanzia, anche economica, per tutti i lavoratori. Sbagliata anche la decisione dei vertici di aumentare per 2 volte il prezzo dei quotidiani, che ha danneggiato la vendita dei due quotidiani.

Fonte: L'Opinione

Il risveglio della chiesa

Don Gabriele Mangiarotti

Se già Romano Guardini indicava, nei segni di speranza della nostra epoca, il «risveglio della Chiesa nelle anime», ora dobbiamo annunciare questo risveglio nella vita personale e sociale, come seme da coltivare, e i cui segni vanno custoditi e difesi.
Se la presenza di Papa Francesco sembra dare voce a una fede e a una Chiesa che i potenti del mondo e la mentalità secolarista di menzogna volevano morta e scomparsa, ora alcuni interventi di autorevoli voci nella Chiesa sembrano indicare il cammino della rinascita. Penso alla riproposizione dell'insegnamento sulla famiglia del Card. Caffarra, ma soprattutto a quanto affermato nella recente prolusione del Card. Bagnasco, il cui cuore riporto di seguito. Certamente sembra che il tanto lavoro svolto da CulturaCattolica.it, dai Giuristi per la Vita insieme a tante altre realtà sia finalmente riconosciuto nel suo valore e nella sua sostanza. Non è più il tempo della rinuncia, della pigrizia e della connivenza col male. Quanto sta accadendo mostra che se ci si muove si possono anche ottenere risultati positivi. E se amiamo il popolo cristiano dobbiamo dare voce a testimoni della verità della fede cattolica. Non ne possiamo più dei vari Monsignori che, per opportunismo e nella ricerca di un facile consenso, rinunciano alla verità cattolica (come accaduto recentemente a Verona).

Questo richiede, come Papa Benedetto XVI ricordava nella sua visita alla Diocesi di San Marino-Montefeltro, «cristiani presenti, intraprendenti e coerenti»
Dalla Prolusione del Card. Bagnasco:

5. Iperindividualismo
Come è grande e antica la presenza operosa della Chiesa accanto a tutte le povertà materiali della gente e dei popoli, così è grande e convinta la sua attenzione a tutto ciò che corrompe la mente e il cuore, rende smarrita e confusa la persona sulla sua identità, sul valore della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla nascita, dalla crescita alla piena maturità, dal declino fino alla morte naturale: “La difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. (…) Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno” (id. 213). Seminare e codificare errori su queste realtà fa incerti e fragili i rapporti, alimenta diffidenze in chi si trova nel bisogno e nella dipendenza, rende individualista la società. Tutto ciò è la premessa – forse prevista e voluta – perché i più forti e senza scrupoli possano manipolare e piegare persone e Nazioni ai propri interessi. Bisogna andare contro la corrente di un individualismo scellerato che – applicato ai vari campi dell’esistenza privata e pubblica – porta a camminare sulla pelle dei poveri, a non aver tempo di fermarsi accanto alle moltitudini ferite sulla via di Gerico. È una visione iperindividualista all’origine dei mali del mondo, tanto all’interno delle famiglie quanto nell’economia, nella finanza e nella politica. Ma il sentire profondo del nostro popolo è diverso. Come Pastori, che hanno la grazia di vivere con la gente, ne conosciamo l’impegno nei doveri quotidiani, il senso profondo della famiglia, la solidarietà nelle relazioni, l’autentico eroismo nella dedizione ai malati e agli anziani, la passione responsabile nell’educazione dei figli. È questa rete virtuosa che sostiene il Paese e la speranza nel futuro. La ripresa, giustamente invocata, sarà un’illusione senza una rinascita morale e spirituale; e ciò sarebbe tanto più grave perché la dura lezione della crisi sarebbe stata vana, pagata soprattutto dai deboli. Bisogna accelerare la conversione dall’io al noi e dal mio al nostro: non certo nel senso che non esistono più l’io e il mio, ma nel senso che mai più dovranno essere intesi come degli assoluti, cioè slegati dal resto del mondo fatto di “altri”: persone, istituzioni, aziende, Paesi. Un mondo fatto da stagioni diverse, come l’efficienza dell’età adulta, l’infanzia e la giovinezza, la malattia e la vecchiaia. Un mondo fatto di aree diverse di sviluppo e risorse, di ricchi e di poveri, di giustizia e di ingiustizia, di diritti umani proclamati e di fatto violati, come ad esempio i diritti del bambino, oggi sempre più aggredito: ridotto a materiale organico da trafficare, o a schiavitù, o a spettacolo crudele, o ad arma di guerra, quando non addirittura esposto all’aborto o alla tragica possibilità dell’eutanasia. Ciò grida vendetta al cospetto di Dio. O anche la tratta delle donne, la violazione – a volte fino alla morte – della loro dignità. In un mondo che si definisce evoluto e civile, quante sono ancora le forme di violenza e di barbara criminalità che assume anche forme organizzate e mafiose, come è stato ricordato nei giorni scorsi dal Santo Padre incontrando i familiari delle vittime nella Parrocchia romana di San Gregorio! Anche la libertà religiosa è ancora perseguitata in troppe regioni del mondo, e da non poche parti del pianeta continuano a salire rumori di conflitto che devono essere affrontati con le armi della preghiera e del dialogo onesto senza altri interessi. A tanti nostri fratelli e sorelle in umanità e spesso nella fede, che sono anche vicinissimi perché parte del nostro Continente – come il popolo ucraino – da questa simbolica sede vogliamo far pervenire la nostra vicinanza di Pastori, perché le ansie e le sofferenze, i diritti e le speranze di tutti trovino casa nella giustizia e nella pace. Anche per questo, la comunità cristiana ha aderito con gratitudine all’iniziativa di Papa Francesco, per 24 ore di adorazione e riconciliazione in tutte le Diocesi.

6. Educare intelligenza e cuore
Come sappiamo, l’annuncio di Cristo è fondamento e criterio dell’educazione delle intelligenze e dei cuori, una educazione integrale che la scuola è chiamata a offrire: “Il compito educativo è una missione chiave”, affermava recentemente il Santo Padre (Discorso ai Superiori Generali degli Istituti maschili di vita religiosa, 29.11.2013). E noi, Vescovi Italiani, con rinnovato impegno camminiamo nella via del decennio che abbiamo dedicato a questa missione. Per questo, con tutte le persone di buona volontà e di retto sentire, guardiamo all’appuntamento del 10 maggio prossimo in piazza San Pietro con il Papa. Davanti a Lui e con Lui, riaffermeremo l’urgenza del compito educativo; la sacrosanta libertà dei genitori nell’educare i figli; il grave dovere della società – a tutti i livelli e forme – di non corrompere i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre vorrebbero per i propri ragazzi; il diritto ad una scuola non ideologica e supina alle mode culturali imposte; la preziosità irrinunciabile e il sostegno concreto alla scuola cattolica. Essa è un patrimonio storico e plurale del nostro Paese, offrendo un servizio pubblico seppure in mezzo a grandi difficoltà e a prezzo di sacrifici imposti dall’ingiustizia degli uomini: ingiustizia che i responsabili fanno finta di non vedere pur sapendo – tra l’altro – l’enorme risparmio che lo Stato accantona ogni anno grazie a questa peculiare presenza. È in questo orizzonte che riaffermiamo il primato della persona, e quindi la tutela che si deve ad ogni persona specialmente se in situazione di fragilità – contro ogni forma di discriminazione e violenza. E nello stesso tempo non possiamo non ricordare il grave pericolo che deriva dallo stravolgere o disattendere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione. La preparazione alla grande Assise del Sinodo sulla Famiglia, che si celebrerà in due fasi nel 2014 e nel 2015, nonché il recente Concistoro sul medesimo tema, hanno provvidenzialmente riposto l’attenzione su questa realtà tanto “disprezzata e maltrattata”, come ha detto il Papa: commenterei, “disprezzata” sul piano culturale e “maltratta” sul piano politico. Colpisce che la famiglia sia non di rado rappresentata come un capro espiatorio, quasi l’origine dei mali del nostro tempo, anziché il presidio universale di un’umanità migliore e la garanzia di continuità sociale. Non sono le buone leggi che garantiscono la buona convivenza – esse sono necessarie – ma è la famiglia, vivaio naturale di buona umanità e di società giusta. In questa logica distorta e ideologica, si innesta la recente iniziativa – variamente attribuita – di tre volumetti dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre…parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte. È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga. Anche il fenomeno dell’”alcol estremo” – cioè di bere fino allo sfinimento o peggio – non può lasciare indifferente nessuno, tranne chi si arricchisce sul male degli altri. Si dovrebbe, invece, sprigionare nell’intera società un brivido di rifiuto e di seria preoccupazione, tale da provocare investimenti seri di risorse umane, economiche e valoriali, ben più meritorie rispetto a iniziative ideologiche e maldestre.

Italia, Paese bello ma incomprensibile ai tedeschi

Matteo Renzi e Angela Merkel


Ogni volta che la cancelleria Merkel incontra un nuovo Presidente del consiglio italiano sembra che il nostro Paese debba superare un esame senza aver imparato la lezione. Ma come ci vedono davvero gli abitanti della Germania? Abbiamo chiesto un parere alla redazione di Neue Stadt


di Clemens Behr
fonte: Neue Stadt
Quando Mario Monti ed Enrico Letta erano presidenti del Consiglio, i tedeschi li stimavano abbastanza. Sembravano competenti e capaci e al di sopra della solita cerchia dei politici e partiti italiani che fuori dal contesto italico sembrano una giungla impenetrabile. Ma dopo Berlusconi, probabilmente, qualsiasi altro nuovo premier avrebbe suscitato speranze per il Paese che resta il luogo più apprezzato per le vacanze dopo la Spagna. Per noi tedeschi rimarrà sempre un mistero il ripetuto successo elettorale del Cavaliere anche perché abbiamo conosciuto molti italiani che si vergognavano apertamente di avere una tale rappresentanza politica.
La prima reazione dopo l´ultimo ed ennesimo cambio di governo, ha sorpreso la Germania: perché mai Renzi dovrebbe riuscire a cambiare rotta se Monti e Letta non ci sono riusciti?
L´Italia, nella nostra abituale visione, era considerata, anni addietro, una nazione moderna ed economicamente promettente, nonostante le grande differenze fra nord e sud, con notevoli progressi in tecnologie avanzate, una gioventù che accedeva a buoni livelli formativi e segni evidenti di lotta contro corruzione e nepotismo. L’avvento di Berlusconi e dei suoi governi ha prodotto un forte cambiamento di immagine. È tornata l´impressione di un approccio alla “dolce vita” che non deve costare troppa fatica per cui quando la situazione economica entra in crisi, sembra che gli italiani trovino velocemente i colpevoli all´ estero, brontolano contro Berlino e Bruxelles senza prendere in esame la responsabilità degli errori “fatti in casa”.  Veniva più in luce la tendenza di molti italiani nel considerare lo Stato come una mucca che ognuno può mungere all’infinito con il risultato che quando diventa evidente il danno del bene pubblico, gli stessi, che ne hanno approfittato, si mostrano sorpresi e recitano la parte delle colombe innocenti.
E' apparso, in questi anni, davvero inconcepibile il comportamento di tanti politici italiani che, mentre il Paese lamentava da anni una difficile situazione economica, non hanno trovato il modo di collaborare oltregli steccati dei propri partiti preferendo invece il farsi la guerra su questioni di poco conto.
E adesso come si fa a credere che con Renzi l´Italia cambierà da un giorno all´altro? “ll capo di governo fra superuomo e incantatore” – questo il sottotitolo di un articolo del settimanale di economia “Wirtschaftswoche” scritto dopo la sua recente visita in Germania, mostra l´incertezza nel giudizio estero sulla persona del nuovo premier. In sostanza ci si chiede: ha veramente delle grandi capacità oppure è un grande fanfarone?  Per alcuni mezzi di stampa, il giovane leader italiano avrebbe incontrato la Merkel per ottenere “la licenza di fare debiti“ come scrive, con l’abituale tono critico, il rinomato settimanale “Der Spiegel”. E la Merkel non avrebbe osato contraddire il  programma di riforma presentato da Renzi per non alimentare la crescita dei partiti euroscettici prima delle elezioni del Parlamento europeo.
Esistono, tuttavia, anche voci ottimiste che sottolineano come il  nuovo presidente del Consiglio sia la persona più capace di promuovere quelle riforme strutturali necessarie e che i suoi predecessori hanno omesso da trent´ anni a questa parte. “Il suo programma sembra convincente per la Merkel”, scrive il quotidiano “Die Welt” tanto che la Cancelliera avrebbe augurato “una mano felice e tanta forza”.
C’è da dire che ha lasciato un retrogusto amaro il modo in cui Renzi ha conquistato la Presidenza del consiglio, con il veloce allontanamento del suo predecessore. Ciò nonostante, il nuovo premier è riuscito a convincere i tedeschi perchè ha idee valide e vuol fare tutta la propria parte nel guidare l´Italia, come una grande nave incidentata, verso acque più sicure. Resta il dubbio sul fatto che l’attuale contesto politico italiano gli consenta di operare, fino in fondo, i necessari cambiamenti di cui il Paese ha urgente bisogno
Da Città Nuova

martedì 25 marzo 2014

DOPO LA PROLUSIONE CEI - "Non solo pazienza i giovani italiani hanno tanto coraggio"

Giuseppe Roma, direttore generale della Fondazione Censis, sui temi sollevati dal cardinale Bagnasco al Consiglio permanente: "L'impresa è la priorità... Più imprese vitali e creative, più 'valore', più posti di lavoro, più vitalità sociale". Sul consumo intelligente: "Non è detto che comprare un'auto straniera faccia sviluppo, ma fare un pellegrinaggio a Loreto, questo sì perché muove risorse in Italia"
Luigi Crimella

La crisi economica ha chiesto un “prezzo altissimo al lavoro e all’occupazione” e “si riversa come una tempesta impietosa sui giovani”, che tuttavia mostrano “una grande pazienza e danno prova d’intraprendenza grazie alla genialità che spesso caratterizza l’età giovanile”. Queste parole della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, pronunciate ieri in apertura dei lavori a Roma del Consiglio episcopale permanente, sono lo spunto per un’intervista con il direttore generale della Fondazione Censis - Centro studi investimenti sociali, Giuseppe Roma. Il sociologo riflette sulle sottolineature del cardinale, anche per quanto riguarda il sostegno a “chi crea lavoro”, cioè alle imprese, e all’esigenza di “rimodulare la concezione del lavoro”.

Dunque, nelle parole del cardinale Bagnasco l’emergenza più forte è per i disoccupati e per i giovani che restano “fuori dalla porta del lavoro”?
“Il cardinale ha ben compreso il problema più grave che la crisi ha prodotto sul tessuto sociale. Quando parla di giovani, parla di famiglie che non solo devono sostenerli materialmente, ma anche moralmente. Ma le recenti generazioni hanno mostrato non solo ‘grande pazienza’, ma anche grande coraggio perseguendo il proprio progetto di vita. Molti non ci riescono, purtroppo, ma molti altri sì. Tra loro anche quel milione e 200mila giovani che lavorano in altri Paesi, e lo fanno con spirito non di ‘perdenti’, ma di chi ormai vede l’Europa, e anche per alcuni di loro gli altri continenti, come il grande contenitore di speranze dove puntare per costruirsi un futuro”.

Per “farcela” un giovane oggi deve necessariamente andare all’estero?
“Direi di no, sarebbe triste se cosi fosse. Lo mostrano quei giovani che invece rimangono in Italia e si cimentano affrontando la ‘sfida’ di costruire una propria impresa, come professionisti, tecnici, piccoli imprenditori dei servizi, del lavoro autonomo. Dovremmo considerare di più sia la genialità, sia le cose più normali. Penso a una formazione professionale che indirizzi i giovani verso lavori e competenze tecnico-operative di buon livello: manutenzioni, artigianato di servizio, lavori ‘rari’. Con l’ente salesiano Ciofs il Censis ha studiato in profondità questi mestieri un po’ trascurati e che invece darebbero spazi inediti di realizzazione umana e professionale. Ad esempio, i meccanici di precisione che poi vengono assunti dalla Ferrari, o i comandanti e tecnici di macchina sulle navi, o i tecnici del controllo numerico computerizzato per le produzioni manifatturiere. Purtroppo molti luoghi comuni circolano sui giovani e il lavoro. Questo non aiuta a fare le scelte giuste”.

Il cardinale ha detto di “sostenere in modo incisivo chi crea lavoro e occupazione”. Come commenta questo invito?

“Che è sacrosanto. L’impresa è la priorità, non c’è nessuna possibilità di dare lavoro se non attraverso le imprese. Ma chi vi lavora deve non solo produrre, ma anche ‘moltiplicare’ i propri talenti e quelli della stessa impresa, perché proprio l’impresa è il meccanismo attraverso cui si crea il valore di una società. E parlo di valore economico, scientifico, tecnologico, sociale. Più imprese vitali e creative, più ‘valore’, più posti di lavoro, più vitalità sociale. Il cardinale ha messo in ordine la questione. Parla anche di ‘dannose burocrazie’. Se l’impresa viene ostacolata proprio dalla burocrazia, è un guaio. Va controllata, questo sì, ma incoraggiandone l’attività, non frenandola”.

Incentivare i consumi senza tornare al consumismo: così ha detto il cardinale. Cosa significa?
“Che dobbiamo riattivare i consumi, ma in maniera attenta e ‘sobria’, cioè intelligente. Ad esempio, cercando, se possibile, di ‘consumare’ italiano piuttosto che importare da Corea, Cina o altro. E ancora puntare sui consumi di servizi, tipo l’assistenza personale, il lavoro domestico, l’artigianato, la cultura, il turismo, che generano lavoro e ricchezza interna. Non è detto che comprare un’auto straniera faccia sviluppo, ma fare un pellegrinaggio a Loreto, questo sì perché muove risorse in Italia”.

Sul lavoro il presidente della Cei ha parlato di “mentalità partecipativa e collaborativa”. Che significa?

“Penso intendesse dire che la produttività aumenta se ci sono nuove forme di partecipazione al lavoro che coinvolgano di più i lavoratori, a tutti i livelli. La Germania ci dà l’esempio di altissimi premi delle aziende ai dipendenti, mentre noi in Italia abbiamo solo rarissimi casi del genere. Per essere davvero produttivo il lavoro deve coinvolgere tutti e non premiare solo i manager e i quadri. Aggiungo che i milioni di giovani che sono ‘fuori’ dal lavoro e dal reddito andrebbero tenuti in considerazione. D’accordo aiutare i redditi bassi, ma chi il reddito proprio non ce l’ha? È giunto il momento d’innovare, superando le tante e grandi rigidità del nostro sistema-Italia”.

fonte: agensir

Il valore sociale della foresta

Il 21 marzo si celebra la Giornata internazionale delle foreste

25-03-2014  di Mario Agostino
fonte: Città Nuova

La filiera del legno oggi dà lavoro, con 70 mila aziende del settore legno-arredo, a circa 400 mila persone, eppure nonostante l’estensione boschiva sia cresciuta del 30 per cento si continua ad importare materia prima e non si valorizza il patrimonio nazionale


Come incrementare gli acquisti verdi nelle pubbliche amministrazioni? Possono gli appalti pubblici rafforzare la filiera del legno italiana? Queste sono le domande che la Pefc Italia, l’associazione che certifica la gestione sostenibile delle foreste ai ministri dell’Economia e dell’Ambiente per favorire una filiera di produzione, lavoro e tutela dell’ambiente che non lasci l’Italia sempre come fanalino di coda.
La recente giornata del 21 marzo dedicata dall’Onu proprio alle foreste, nel nostro Paese è in realtà una celebrazione mancata perché sulle foreste ben poco si discute e si fa. Da qui l’idea di una lettera aperta dove si chiede alle pubbliche amministrazioni di seguire il Green public procurement (Gpp) nelle gare di appalto pubbliche, in modo che l’acquisto di beni sia orientato ad acquisti “verdi”.
Un appello per fare in modo che il 21 marzo, giorno scelto dall’Onu per celebrare la Giornata internazionale delle foreste, non passi ancora nei prossimi anni in Italia quale una sorta di commemorazione di una “filiera mancata”, ma piuttosto come tappa verso la concretizzazione di un progetto europeo che nella gestione forestale sostenibile vede partecipi i rappresentanti dei proprietari forestali e dei pioppeti, i consumatori finali, gli utilizzatori, i liberi professionisti, il mondo dell’industria del legno e dell’artigianato. E qui le pubbliche amministrazioni sono le più distratte nell’attuazione, come precisa Antonio Brunori, segretario generale del Pefc Italia: «Attualmente nel nostro Paese gli appalti pubblici verdi sono poco sviluppati, nonostante siano previsti da precise direttive comunitarie», mentre l’associazione che presiede certifica 792 mila ettari in 10 regioni e 900 aziende del settore legno-carta.
«Eppure l’acquisto di beni e servizi per le pubbliche amministrazioni, che da solo rappresenta il 17 per cento del Pil nazionale, sarebbe una leva determinante per lo sviluppo, sostenibile, del settore forestale, a patto che si valorizzi il legname nazionale». Qualcosa negli ultimi tempi pare tuttavia essersi mosso. «Gli appalti verdi che favoriscono le produzioni locali – prosegue Brunori – sono oggi abbastanza diffusi nelle mense e nel settore alimentare, dove la filiera corta è divenuta quasi un must. Ma tali pratiche virtuose vanno estese ad altri livelli della pubblica amministrazione, in particolare per quanto riguarda l’uso di derivati del legno: mobili, parquet, imballaggi, carpenteria, cancelleria».
L’occasione sarebbe ghiotta soprattutto in un momento di stagnazione economica: permetterebbe di utilizzare in modo virtuoso un tesoretto che l’Italia continua a sottovalutare. La filiera legno oggi dà lavoro, con 70 mila aziende del settore legno-arredo, a circa 400 mila persone, ma i margini di crescita sono comunque enormi: un terzo del territorio nazionale infatti è coperto da boschi, per un’area di 10 milioni di ettari. Il trend è addirittura in crescita: i boschi sono aumentati del 30 per cento in 30 anni e raddoppiati dagli anni Cinquanta, producendo una quantità di legno tale che ogni tre secondi si potrebbe costruire una casa monofamiliare di 150 mq, in abete e larice.
Nonostante questo, l’industria di trasformazione importa materia prima dall’estero per oltre il 90 per cento del proprio fabbisogno, diventando il primo importatore di legname d’Europa e il quarto al mondo. Per questo, nell’appello si chiede di valorizzare le filiere locali del legno investendo nelle filiere «di prossimità». Non solo per incrementare il giro d’affari delle aziende e di conseguenza il numero di posti di lavoro, ma perché privilegiare l’uso di legno locale e certificato aiuta a salvaguardare il territorio, riducendo i rischi di erosione, dissesto idrogeologico e incendi boschivi per mancanza di manutenzione, offrendo un’opportunità di futuro per molte comunità. I risultati della ricerca sul valore sociale dell’attività forestale in Italia e il testo dell’appello sono disponibili sul sito www.forestintheworld.org.

Il sangue per la nostra salvezza

di Oscar Arnulfo Romero | 24 marzo 2014
Nella Giornata dei missionari martiri un testo dell'arcivescovo Romero tratto da un nuovo libro che raccoglie alcuni suoi discorsi.

Nell'anniversario dell'uccisione dell'arcivescovo Oscar Arnulfo Romero e ormai da qualche anno per la Chiesa è diventato il giorno in cui mettere al centro la testimonianza dei martiri missionari. Inserendoci in questa prospettiva proponiamo oggi il testo di un'omelia pronunciata dall'arcivescovo Romero tratta dal nuovo libro «La Messa incompiuta. Le ultime omelie di un vescovo assassinato» pubblicato dall'editrice EdB.



A motivo delle molteplici relazioni con l'editrice del giornale El lndependiente mi sono potuto unire profondamente ai vostri sentimenti filiali per la morte di vostra madre e, specialmente, a quello spirito nobile che fu Doña Sarita, che pose tutta la sua formazione culturale, la sua sensibilità, al servizio di una causa tanto importante in questo momento: la vera liberazione del nostro popolo.

Io credo che i suoi fratelli, questa sera, debbano non solamente pregare per il riposo eterno della nostra cara defunta, ma soprattutto raccogliere questo messaggio che oggi ogni cristiano deve vivere con onestà. Molti, e questo ci sorprende, pensano che il cristianesimo non debba porsi su questo terreno, mentre è tutto il contrario. Avete appena finito di ascoltare nel vangelo di Cristo che è necessario amare non soltanto noi stessi, che uno non deve cercare di non esporsi a quei pericoli della vita che la storia esige da noi, che chi vuole tenersi lontano dal pericolo, perderà la sua vita. Viceversa, chi si impegna per amore di Cristo al servizio del prossimo, vivrà come il chicco di grano che muore, ma solo apparentemente muore. Se non morisse, rimarrebbe solo. Se c'è un raccolto è solo perché muore, lasciandosi immolare in questa terra, disfacendosi e solo disfacendosi produce raccolto.

Nella sua eternità Doña Sarita ha ricevuto meravigliosamente la conferma di questa pagina che ho raccolto per lei dal concilio Vaticano II, e dice: «Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla rivelazione, che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato nella debolezza e corruzione rivestirà l'incorruzione; e restando la carità con i suoi frutti, sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l'uomo.

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero, ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Dio, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio.

E infatti, i beni, quali la dignità dell'uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre "il regno eterno e universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace". Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione» (GS n. 39: EV 1/1439-1441).

Questa è la speranza che rafforza noi cristiani. Sappiamo che ogni sforzo per migliorare una società, soprattutto quando c'è tanta abbondanza di ingiustizia e peccato, è uno sforzo benedetto da Dio, che Dio vuole, che Dio da noi pretende. E quando si trova una persona tanto generosa quanto Doña Sarita, e si trova il suo pensiero incarnato in Jorgito e in tutti coloro che lottano per questi ideali, dobbiamo purificarli nel cristianesimo, questo sì, rivestirli di questa speranza dell'aldilà, affinché siano più forti, perché abbiamo la certezza che tutto ciò che avremo seminato sulla terra, non ci deluderà, ma lo ritroveremo purificato in quel regno in cui il merito sta appunto in ciò che abbiamo prodotto su questa terra.

Io credo che non sia inutile aspirare a ore di speranza e lotta in questo anniversario. Ricordiamo allora, rendendo grazie, questa donna generosa che ha saputo comprendere le inquietudini e gli sforzi di suo figlio e di quanti lavorano per un mondo migliore e ha saputo mettere lei pure il suo piccolo chicco di grano nella sofferenza. Io non ho dubbi che il suo paradiso sia anche in proporzione di questa sofferenza e di questa comprensione che manca a molti oggi in El Salvador.

Io vi supplico tutti, amati fratelli, guardiamo agli avvenimenti di questo frangente storico con questa speranza, con questo spirito d'impegno e facciamo tutto quello che possiamo. Tutti possono fare qualcosa: anche solo offrire la nostra comprensione.

Questa santa donna, che oggi stiamo ricordando, forse non ha potuto fare direttamente delle cose, ha dato però coraggio a coloro che possono lavorare, comprendendo la loro lotta e, soprattutto, pregando e dicendo, anche dopo la morte col suo messaggio di eternità, che vale la pena di lavorare perché tutte queste ansie di giustizia, di pace e di bene che sentiamo su questa terra, le raggiungiamo, se le illuminiamo di una speranza cristiana. Sappiamo infatti che nessuno è potente per sempre e che, per chi ha posto nel suo lavoro un sentimento di fede molto grande, amore per Dio e speranza negli uomini, per costoro tutto ciò si sta trasformando ora negli splendori di una corona che deve essere la ricompensa per il lavoro di chi ha seminato verità e giustizia, amore e bontà sulla terra. E non si ferma qui, ma sappiamo che, purificato dallo Spirito di Dio, viene raccolto per noi e ci viene dato in ricompensa.

Questa santa messa infatti, questa eucaristia è esattamente un atto di fede. Alla luce della fede cristiana, ci sembra che, in questo momento, la voce di divisione si trasformi nel corpo del Signore che si offrì per la redenzione del mondo e in questo calice il vino si trasformi nel sangue che fu il prezzo della salvezza. Che questo corpo immolato, che questo sangue sacrificato per gli uomini siano alimento per noi, affinché anche noi offriamo il nostro corpo alla sofferenza e al dolore, come Cristo, non per noi stessi, ma per dare segni di giustizia e pace al nostro popolo. Uniamoci allora intimamente nella fede e nella speranza in questo momento di preghiera per Doña Sarita e per noi.

fonte: vinonuovo

CONSIGLIO EPISCOPALE – La Chiesa italiana “dall’io al noi dal mio al nostro”

La prolusione del presidente della Cei, Angelo Bagnasco, al consiglio episcopale permanente. Ribadita la vocazione della Chiesa a servire il Paese con i “mezzi della debolezza e della povertà”. Attenta analisi della misera materiale, morale e spirituale, secondo le indicazioni di Papa Francesco. Il ruolo della Caritas e la promozione della famiglia e della scuola cattolica. Il no alla cultura del gender
Luigi Crimella
Una Chiesa che vuole servire il Paese con i “mezzi della debolezza e della povertà” come insegna Papa Francesco, ma che non rinuncia a parlare e ad occuparsi di tutto ciò che riguarda gli uomini, perché “i pastori, accogliendo gli apporti delle diverse scienze, hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone”: così ha detto lunedì sera a Roma, nella prolusione ai lavori del consiglio episcopale permanente, che proseguiranno fino a giovedì, il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco. Tanti i temi sui quali il cardinale ha richiamato l’attenzione dei confratelli vescovi: dai contenuti del messaggio del Papa per la Quaresima alle novità dello statuto Cei in via di rinnovamento, dalle due note in uscita sulla scuola cattolica e sull’ “Ordo Virginum”, alla crisi economica e occupazionale che prosegue lasciando strascichi crescenti di povertà tra la popolazione. E ancora, il cardinale ha parlato di obiezione di coscienza che viene avversata a livello europeo, come di “leggi immorali” che vengono promosse e propagandate, di attacchi alla vita nascente e nei suoi stadi finali, di egoismo e sfruttamento di bambini, donne, ceti più poveri, fino alla criminalità e ai conflitti in corso in varie parti del mondo. Una prolusione che non mancherà di suscitare dibattiti a vario livello, perché si occupa anche della libertà educativa, dei “maltrattamenti” alla scuola cattolica, dei tentativi di “indottrinamento” con le campagne Lgbt nelle scuole, di fenomeni preoccupanti quali l’ “alcol estremo” che minacciano la tenuta delle generazioni più giovani.
Il disagio delle famiglie distrutte. Le felicitazioni al neo-cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, da parte del presidente della Cei sono state accompagnate dalla riproposizione dei tipi di “miseria” di cui ha parlato il Papa: quella materiale, morale e spirituale. Dopo sei anni di crisi oggi ci si rende conto che è stato chiesto “un prezzo altissimo al lavoro e all’occupazione” e i risultati, in termini di miseria crescente, sono sotto gli occhi di tutti. Il card. Bagnasco ha così invitato governo e parlamento a “incentivare i consumi senza ritornare nella logica perversa del consumismo che divora il consumatore”, sostenendo “in modo incisivo chi crea lavoro e occupazione in Italia” e incidendo “su sprechi e macchinosità istituzionali e burocratiche”. Ha poi richiamato i dati del Rapporto Caritas 2014 “False partenze”, che verrà presentato a breve, sottolineando un aspetto non da tutti adeguatamente considerato: “Si registrano anche gravi e crescenti difficoltà derivanti purtroppo dalla rottura dei rapporti coniugali – ha affermato – sia a livello occupazionale che abitativo. Il 66,1 % dei separati dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessità”. “A questi dati di ordine materiale si devono aggiungere quelli di tipo relazionale tra padri e figli: il 68% dichiara che la separazione ha inciso negativamente su tale rapporto”. 
Se l’occidente vuole corrompere l’umanesimo. Una parte cospicua della prolusione è stata dedicata a temi di natura morale, quali la “schiavitù del vizio e del peccato”, causa non infrequente anche di “rovina economica”, e ciò pone di fronte all’esigenza di continuare ad annunciare i valori cristiani in una Europa in cui sembra prevalere quella che il cardinale ha definito la “violenza accattivante delle ideologie”. Ha parlato a questo riguardo di rifiuto dell’obiezione di coscienza, con gravi rischi per la tutela della vita (aborto, eutanasia ecc.) come pure di pratiche dei paesi occidentali che, per concedere finanziamenti ai paesi più poveri, pongono loro ricatti, inducendoli ad adottare “leggi immorali”. “Se l’occidente vuole corrompere l’umanesimo – ha affermato – sarà l’umanesimo che si allontanerà dall’occidente e troverà altri lidi meno ideologici e più sensati”. Causa profonda di questi comportamenti è la diffusione di una “visione iperindividualistica” che è “all’origine dei mali del mondo” e che investe famiglie, economia, finanza e politica. Il cardinale ha così esortato alla “conversione dall’io al noi e dal mio al nostro”, cioè a uno slancio di senso fraterno che farà bene tanto alla società quanto all’economia. Circa l’educazione e la scuola, ha richiamato l’appuntamento col Papa del 10 maggio e ha deplorato le iniziative in atto nelle scuola a cura dell’Unar, sui temi del “gender”, definendole “campi di rieducazione” e “indottrinamento” contrarie a quanto i genitori desiderano per i loro figli. Così ha esortato i genitori stessi a reagire, “non facendosi intimidire” perché sull’educazione “non c’è autorità che tenga”, ha affermato.
Fonte: agensir

venerdì 21 marzo 2014

Sant'Agostino al centro della predica di Quaresima di P. Cantalamessa: è lo Spirito Santo che fa l'unità dei cristiani



E’ Sant’Agostino il protagonista della seconda predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa, pronunciata stamattina nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico alla presenza del Papa. Il predicatore della Casa Pontificia ha scelto il vescovo di Ippona per spiegare che “la Chiesa è formata da più persone riunite e amalgamate insieme dalla carità che è lo Spirito Santo”, dove proprio quest’ultimo è ciò che la anima e la unisce. Il servizio di Tiziana Campisi:

C’è una prima distinzione da comprendere quando si guarda alla Chiesa, questo ha insegnato Agostino. Una cosa è la Chiesa presente o terrestre, “il campo in cui sono frammisti grano e zizzania, la rete che raccoglie pesci buoni e cattivi, cioè santi e peccatori”, altra è la Chiesa futura o celeste, quella fatta di tutti e soli santi. Il predicatore della Casa Pontificia è partito da questo grande insegnamento del vescovo di Ippona per sviluppare la sua meditazione sulla natura della Chiesa proseguendo, con l’ulteriore distinzione, nella Chiesa terrena, tra comunione dei sacramenti, quella che unisce quanti partecipano degli stessi segni esterni - ossia sacramenti, Scritture, autorità - e comunione operata dalla Spirito Santo, dalla grazia, dalla carità:

“L’appartenenza piena alla Chiesa esige le due cose insieme, e la comunione visibile dei segni sacramentali e la comunione invisibile della grazia. Essa però, e qui un altro progresso di Agostino, ammette dei gradi”.

Da qui gli scismi, le separazioni, le controversie, le dispute teologiche, sicché Agostino conclude che “può dunque esserci nella Chiesa cattolica qualcosa che non è cattolico, come può esserci fuori della Chiesa cattolica qualcosa che è cattolico”:

“Vediamo come la teologia di Agostino ci può aiutare in questa impresa di superare gli steccati secolari … oggi dobbiamo muovere dalla comunione spirituale della carità verso la piena comunione anche nei sacramenti, soprattutto dell’Eucaristia”.

Il problema che si pone, considerando discordie e divisioni, ha rilevato padre Cantalamessa, è che “non si può dare maggiore importanza alla comunione istituzionale” rispetto “a quella spirituale”:

“Questo per me pone un interrogativo serio, da tempo. Posso io, come cattolico, sentirmi più in comunione con la moltitudine di coloro che, battezzati nella mia stessa Chiesa, si disinteressano completamente di Cristo e della Chiesa, o se ne interessano solo per parlarne male, di quanto io mi senta unito, in comunione con la schiera di coloro che, pur appartenendo ad altre confessioni cristiane, credono le verità fondamentali che crediamo noi, amano Gesù Cristo, diffondono il Vangelo, mostrano i segni interiori dello Spirito Santo? Le persecuzioni, così frequenti oggi in certe parti del mondo, non fanno distinzione: non bruciano chiese, non uccidono persone perché sono cattolici o perché sono protestanti, ma perché sono cristiani. Per essi siamo già ‘una cosa sola’!”.

Sono interrogativi “che dovrebbero porsi anche i cristiani di altre Chiese nei confronti dei cattolici, ha aggiunto il predicatore della Casa Pontificia, che ha ribadito l’importanza dell’intuizione di Sant’Agostino nel riconoscere nello Spirito il principio essenziale dell’unità della Chiesa, “anziché nella comunione orizzontale dei vescovi tra di loro e dei vescovi con il Papa”. Insomma, è lo Spirito Santo che fa l’unità della Chiesa, “riflesso dell’unità perfetta che c’è tra il Padre e il Figlio per opera dello Spirito”. “È Gesú che ha fissato una volta per sempre questo fondamento mistico dell’unità quando ha detto: ‘Che siano una cosa sola come noi siamo una cosa sola’. L’unità essenziale nella dottrina e nella disciplina sarà il frutto di questa unità mistica e spirituale, non potrà mai esserne la causa”. Infine padre Cantalamessa ha osservato:

“I passi più concreti verso l’unità non sono perciò quelli che si fanno intorno a un tavolo o nelle dichiarazioni congiunte - per quanto questi siano utilissimi e indispensabili - ; sono quelli che si fanno quando credenti di diverse confessioni si trovano a proclamare insieme, in fraterno accordo, Gesú Signore, condividendo ognuno il proprio carisma, riconoscendosi come fratelli nella piena lealtà e obbedienza ognuno alle direttive della propria Chiesa”.

Ma quale l’insegnamento ultimo da cogliere sulla natura della Chiesa? E’ l’esortazione che Agostino usa chiudendo tanti suoi discorsi sulla Chiesa stessa: “Se dunque volete vivere dello Spirito Santo, conservate la carità, amate la verità, e raggiungerete l’eternità”.



Fonte:radiovaticana

LA CROCE DI GERUSALEMME E LA SUA GENESI

di Cavallo Roberto
Fonte: recensioni-storia.it
"Croce di Gerusalemme"

Lychnis Calcedonia o "Croce di Gerusalemme"

Nella rinnovata galleria della biblioteca provinciale in piazzetta Carducci a Lecce, in concomitanza con l’inaugurazione della mostra storica organizzata dall’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, domenica 20 giugno si è tenuta un’interessante conferenza sul tema “La croce di Gerusalemme e la sua genesi”.

Dopo il saluto dell’arcivescovo di Lecce S.E. Mons. Domenico Dambrosio – che ha definito la mostra uno spaccato di storia che testimonia amore per la Terra Santa e una meravigliosa vetrina che aiuterà a rivedere i giudizi formulati sull’Ordine del Santo Sepolcro -, in qualità di relatore è intervenuto lo storico nonché ambasciatore dello Stato di Israele presso la Santa Sede dott. Mordechay Lewy.

Il dott. Lewy ha fin da principio chiarito le ragioni del suo interesse per l’argomento. Pur essendo ebreo e di religione ebraica, ha nel tempo coltivato gli studi per la storia patria della sua città: Gerusalemme.

Dopo aver illustrato le varie ipotesi storiografiche, il relatore ha ricordato come nella tradizione iconografica cristiana la ripetizione di elementi decorativi su di un piano sia simbolo dell’infinito e viene chiamato “seminato”. Gli elementi che solitamente compongono il seminato sono gigli o croci.

La croce di Gerusalemme (illustrata nella fotografia) è dunque un esempio di seminato e, nel pensiero dei cristiani medievali, rinviava direttamente al concetto di infinito e, dunque, di Dio.

In base alla ricostruzione proposta dal Dott. Lewy le origini della croce di Gerusalemme, oltre che al concetto di infinito, vanno individuate nelle cinque piaghe di Gesù. Le cinque croci presenti (le quattro piccole nei quadranti e quella grande al centro) sono simbolo delle 5 piaghe di Cristo, cagionate dai fori alle mani e ai piedi, nonché dallo squarcio della lama al costato. Un parallelismo che ritroviamo nella liturgia, con i 5 attributi dell’Ostia: pura, santa, immacolata, corpo, sangue…

San Tommaso d’Aquino, nella sua Summa teologica, parla della devozione alle 5 piaghe di Cristo.

Nel medioevo tale simbologia (5 piaghe/5 croci) trova poi una sua traduzione araldica.

Dunque lo stemma cristiano di Gerusalemme rappresenta le 5 ferite di Cristo. Il relatore ha ricordato che nello stemmario di Zurigo, agli inizi del XIV secolo, viene espresso per la prima volta tale parallelo fra le croci e le piaghe di Nostro Signore.

Nella cappella degli Scrovegni affrescata a Padova da Giotto (1300-1305) troviamo la croce di Gerusalemme come simbolo della “Militia Christi” celeste.

Nell’isola di Cipro, che per secoli fu l’isola rifugio dei crociati, vi sono numerosissime tracce di croci di Gerusalemme. Dopo la perdita della Terrasanta per mano dei musulmani, il titolo fittizio di Re di Gerusalemme si tramandò attraverso le più illustri famiglie regnanti d’Europa, che sempre vollero includere la croce di Gerusalemme nel proprio emblema.

Fu così che essa campeggiò nei vessilli dei Lusignano, degli Angioini, degli Aragonesi, dei Valois, degli Asburgo, dei Borbone…

La croce di Gerusalemme era ben visibile, ancora nel 1931, nel vessillo dei re di Spagna, prima che anche la monarchia iberica venisse spazzata via dalla Rivoluzione e dalla repubblica.

E oggi? Oggi la croce di Gerusalemme campeggia nella bandiera nazionale di un piccolo Stato dalle antiche e fiere origini cristiane: la Georgia.

E’ il simbolo della Custodia francescana di Terrasanta, del Patriarcato latino di Gerusalemme e dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro

E’ il nome di un bellissimo fiore (nella foto) della Palestina…








giovedì 20 marzo 2014

Se ogni Slotmob presenta caratteristiche tipiche, quello di Reggio Calabria ha assunto indubbiamente note di tutto rilievo.

di Flavia Cerino
edc-online.org
140315 Slotmob RC 01 ridReggio Calabria è una città commissariata da oltre un anno per lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. La presenza della ndrangheta è molto forte e spesso violenta sebbene altrettanto forte (o forse di più) sia l’impegno dello Stato per smantellarla.
In questo clima di instabilità politica, di timore diffuso, di forte difficoltà a scegliere “da che parte stare”, non è stato facile trovare un bar disposto ad ospitare lo Slotmob.
"Alcuni bar che hanno detto di no alle slot machines li abbiamo trovati - racconta Amelia Stellino - ma non volevano assolutamente lo Slotmob perché qui già è problematico rifiutare le macchinette nel locale, figuriamoci poi promuovere una manifestazione evidenziando questa scelta che in realtà ad alcuni dà molto fastidio".
Ma dopo tante ricerche ecco l'incontro col gestore del Bar Strati che aderisce da tempo140315 Slotmob RC 03 rid a Libera. Il Bar Strati è in una strada centrale e popolosa: sabato mattina alle 8.00, appena dato il via allo Slotmob, il locale si è riempito di persone che facendo la fila per il caffè hanno intasato il traffico suscitando la curiosità dei passanti. Il titolare si è commosso nel ricevere la targa - ricordo con cui i cittadini hanno voluto dare riconoscimento ad una scelta che a Reggio risuona davvero particolarmente coraggiosa. Poi è stato applicato sulla vetrata di ingresso il primo adesivo SLOTMOB#35 che verrà conferito anche agli altri esercenti che rifiuteranno ogni forma di gioco d’azzardo nei loro locali.
Tra i partecipanti -circa 120 persone- anche i ragazzi di alcune scuole, attirati dalle novità che questo Slotmob porta con sé: gli organizzatori infatti sono i referenti di Economia di comunione che nei giorni precedenti avevano avuto modo di presentare a grandi linee il progetto EdC nella conferenza stampa di presentazione delle tre giornate dedicate al tema “Dalla finanza speculativa all’uso sociale del denaro” in cui era inserito anche Slotmob.


140315 Slotmob RC 02 ridI ragazzi (con alcuni professori) hanno approfittato dello Slotmob per invitare prossimamente Amelia Stellino nella loro scuola per approfondire la conoscenza dell’Economia di comunione. “Lo Slotmob - continua Amelia – è diventato un modo sia per dire che i bar devono tornare ad essere luoghi di incontro, sia per inserirci a pieno titolo tra le forze sane e costruttive che vogliono riconquistare la città intera, nel senso di liberarla dai mali che la tengono imprigionata impedendone lo sviluppo e la crescita, diffondendo la nostra cultura, anche economica, che qui ancora non è conosciuta”.

"La Chiesa di Gesù Cristo", Antonio Maria Sicari



Conferenza di Padre Antonio che approfondisce la nostra Scuola di Cristianesimo

http://youtu.be/fQM_ZTFGPfc  clicca sopra per vedere

Io mi percepisco come una cellula amante del corpo vivente di Cristo?


mercoledì 19 marzo 2014

Festa del papà



Da Libertà e Persona

La psicologia, la sociologia, le neuroscienze, il buon senso, ci dicono quanto sia importante nell’educazione equilibrata di un figlio l’apporto di ambedue i genitori, di entrambi i sessi. Ricerche e studi governativi fatti in America dicono che già negli anni ottanta il 63% dei suicidi in età giovanile si era verificato in famiglie col padre assente, e che i figli di un single soffrono “più frequentemente di disordini psichici“, ed hanno “una probabilità assai maggiore di cadere in abuso precoce di alcool e droghe” (Fonte: United States Department of Health and Human Service, Bureau of Census; David A. Brente et al., Post-traumatic stress disorder in peers of adolescent suicide victims, in “Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry”, 34 (1995), pp.209-215).
“Una ricerca durata per oltre 34 mesi sui bambini dell’asilo ricoverati negli ospedali di New Orleans negli anni ottanta, quali pazienti del reparto di psichiatria, ha rivelato che nell’80% dei casi la patologia era originata dall’assenza (voluta o imposta, ndr) del padre” (Jack Block et al., Parental functioning and the home environment in families of divorce, in “Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry”, 27 (1988), pp. 297-213).
Ancora: “A detta delle statistiche elaborate dagli appositi dipartimenti del Ministero di Grazia e Giustizia (americano), agli inizi degli anni novanta il 43% dei detenuti americani era infatti cresciuto in casa con un unico genitore, mentre un ulteriore 14% era vissuto senza entrambi i genitori. Un altro 14% aveva trascorso l’ultima parte dell’infanzia presso un collegio, un’agenzia o un altro istituto giovanile… In Texas, nel 1992, l’85% dei giovani carcerati era parimenti proveniente da fatherless homes (senza padre). Così come lo era l’80% degli autori di stupri motivati da accessi di rabbia incontrollata” (fonte: United States Bureau of Justice Statistics, Survey of State Prison Inmates, 1991; Criminal Justice & Behavior, 14 (1978), pp.403-426; Texas Department of Corrections, Fulton Co. Georgia Jail populations, 1992).

Da: Massimiliano Fiorin, La fabbrica dei divorzi

venerdì 14 marzo 2014

Serva di Dio Suor Lucia di Fatima -Le sue Memorie - in pdf scaricabile


http://www.devozioni.altervista.org/testi/opuscoli_vari/memorie_di_suor_lucia.pdf

QUI SOPRA TROVI IL LIBRO DELLE MEMORIE DI SUOR LUCIA DI FATIMA
(TROVI TANTE FOTOGRAFIE DA PAG.18 IN AVANTI)...

clicca su http://www.devozioni.altervista.org/testi/opuscoli_vari/memorie_di_suor_lucia.pdf

Dopo la Meditazione di Padre Antonio Sicari ocd si possono leggere tanti brani della vita di Suor Lucia citati da lui.

"Giocavamo da qualche minuto, quando un forte vento scosse
gli alberi e ci fece alzare gli occhi per vedere cosa succedeva, dato
che la giornata era serena. Vedemmo allora, al di sopra dell’olive-
to
incamminarsi verso di noi la tal figura di cui ho già parlato.
Giacinta e Francesco non l’avevano mai vista né io ne avevo mai
parlato loro. Mano a mano che s’avvicinava, ne scoprivamo le
fattezze: un giovane di 14-15 anni, più bianco della neve, che il sole
rendeva trasparente come se fosse di cristallo, e d’una grande bel-
lezza. Arrivando presso di noi, disse:
– Non abbiate paura! Sono l’Angelo della Pace. Pregate con me.
E, inginocchiandosi per terra, piegò la testa fino a toccare il
suolo, e ci fece ripetere tre volte queste parole:
– Mio Dio! lo credo, adoro, spero e Vi amo! Vi domando perdo-
no per quelli che non credono, non adorano, non sperano, e non Vi
amano.
Poi, alzandosi, disse:
– Pregate così. I Cuori di Gesù e di Maria stanno attenti alla
voce delle vostre suppliche.
10
Fu la prima apparizione dell'
Angelo.


Le sue parole restarono talmente impresse nella nostra mente
che mai più le dimenticammo. E da quel giorno passavamo lungo
tempo, così prostrati, ripetendole, certe volte, fino a cader di stan-
chezza" ......(.brano tratto dalle memorie)...

Un invito al premier: "Non perda di vista l’orizzonte della famiglia"


LA SVOLTA DEL GOVERNO

L'economista Stefano Zamagni, presidente del comitato scientifico dell'Osservatorio nazionale per le politiche familiari, osserva che "non ci sono stati annunci di provvedimenti organici per la famiglia in quanto tale, ma solo per i redditi dei singoli, che è cosa diversa da una riforma delle politiche familiari. Attendiamo quindi almeno la data della terza Conferenza nazionale sulla famiglia"
Luigi Crimella


“Cento giorni di lotta durissima per cambiare”: così mercoledì pomeriggio il premier Matteo Renzi ha introdotto la conferenza stampa a Palazzo Chigi con la quale ha annunciato una serie di provvedimenti per far ripartire il Paese. Sulle riforme annunciate abbiamo intervistato l’economista Stefano Zamagni, docente all’università di Bologna e presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio nazionale per le politiche familiari.

Come valuta a un primo sguardo i provvedimenti annunciati dal premier Renzi?
“Mi sembra che vadano sicuramente nella direzione giusta. A un primo sguardo e in attesa di verificare gli sviluppi, la vastità degli interventi e l’ampiezza degli stessi appare superiore alle più rosee aspettative. Tutto questo può essere salutato con grande soddisfazione, in particolare direi i finanziamenti previsti per le imprese sociali, che avevamo chiesto già da un paio d’anni. Ora vediamo che finalmente veniamo ascoltati”.

Cosa pensa delle modifiche per il mercato del lavoro e l’apprendistato?
“È una decisione positiva semplificare e incoraggiare l’apprendistato. Noi cattolici dobbiamo ricordare che il primo a prospettare questa strada fu san Giovanni Bosco, nella seconda metà dell’Ottocento. L’intuizione avuta da quel grande santo dell’educazione dei giovani e della formazione al lavoro era stata poi abbandonata e piegata a pseudo-ideologie prive di ogni senso. Ora speriamo che l’apprendistato possa davvero ripartire per rispondere alla voglia di lavoro di tantissimi giovani”.

Tra i critici di Renzi ci sono coloro che parlano di una sua “televendita”, “venghino signori …”, e ridicolizzano l’uso di slides e di promesse non sufficientemente supportate da coperture economiche certe. Lei cosa pensa?
“Bisogna capire che si tratta di interventi di tipo ‘emergenziale. Il giudizio, ribadisco, è complessivamente positivo, ma le risposte alle emergenze valgono per il breve termine. Occorrerebbe, non subito, ma nei prossimi mesi, mettere mano a un disegno istituzionale più complesso. Va in questa direzione l’aumento della tassazione per le rendite finanziarie al 26%, perché modifica le regole del gioco, considerato che la media europea è al 26% appunto. Aggiungerei che non ci sono stati annunci di provvedimenti organici per la famiglia in quanto tale, ma solo per i redditi dei singoli, che è cosa diversa da una riforma delle politiche familiari. Attendiamo quindi almeno la data della terza ‘Conferenza nazionale sulla famiglia’. Doveva esserci l’ottobre scorso, ma è stata rinviata”.

Perché le sembra così importante la famiglia? In fondo Renzi ha detto di puntare sui redditi da lavoro più bassi, quindi implicitamente a sostegno delle famiglie più povere. Non è così?
“Vero, però come Osservatorio delle politiche familiari abbiamo preparato già da tempo il cosiddetto documento di base, con proposte e progetti concreti sui temi specifici della famiglia. Cito la riforma fiscale che tenga conto dei carichi familiari, le misure sulla armonizzazione dei tempi di lavoro e di quella della vita, l’introduzione dei ‘distretti famiglia’ e altro ancora. Basta quindi che il Capo del governo annunci la volontà di occuparsi della famiglia e la nostra macchina organizzativa farà la sua parte. Lavoriamo da un anno e siamo pronti. Non si può dimenticare che, anche dal punto di vista economico, buona parte dei problemi della società sono legati alla sottovalutazione sistemica della famiglia come cellula fondamentale della società. Lo dico non in senso ‘retorico’, ma specifico: il nostro welfare ha bisogno di mettere al suo centro la famiglia, solo così la società può riprendere slancio”.

Quali aspetti delle riforme annunciate le sembrano più problematici?
“Direi che il principale consista nella riforma della burocrazia. Il capitolo sulla riduzione delle remunerazioni dei dirigenti pubblici è un primo passo, ma occorre guardare in faccia la realtà. Abbiamo circa 1 milione di dipendenti pubblici di troppo. Non è sopportabile un costo del genere. Finora, basta sentire qualsiasi imprenditore piccolo o grande, la burocrazia ha impedito al sistema produttivo di sviluppare le proprie potenzialità. Ciò si è tradotto in un gravame non solo per i costi diretti che vengono imposti, ma per quelli legati all’adempimento di formalismi del tutto inutili che nessun altro paese ha. Da noi ogni azienda, anche quelle piccole, deve tenere almeno da 1 a 3 dipendenti per riempire moduli e scartoffie. Ciò è intollerabile e incivile”.

C’è anche il capitolo degli annunci sulla scuola e la casa. Altri aspetti positivi?
“Sì, con una avvertenza: i problemi di scuola e università non sono primariamente legati alla mancanza di fondi, ma piuttosto a una vasta crisi di identità degli insegnanti. Sembra che questi non abbiano più come obiettivo l’educazione, mentre sappiamo tutti che la scuola da sempre è stata la primaria agenzia educativa accanto alla famiglia. Se essa rinuncia a questo compito, noi potremo anche aumentare le dotazioni, ma senza un progetto educativo fallisce comunque il suo compito, perché i giovani lo sentono e capiscono che i docenti non vogliono dare loro la cosa principale, che non è l’istruzione tecnica, ma l’educazione profonda, i grandi valori umani e civili. Questa è la vera riforma della scuola di cui c’è bisogno”.

Fonte: agensir

giovedì 13 marzo 2014

PIERSANTI MATTARELLA Dimenticato da tutti perché cattolico devoto e appassionato?


Il dubbio sollevato da Giovanni Grasso, biografo del politico siciliano ucciso il 6 gennaio 1980. Con la sua morte la Democrazia cristiana perse, dopo l'omicidio di Aldo Moro, una grande occasione di ricambio e di rilancio politico sotto la spinta del cattolicesimo democratico e sociale. La scoperta di una polemica, nel lontano 1975, con il comunista Guido Fanti che preconizzava la nascita della Padania
Luigi Crimella


Sembrerà curioso e forse provocatorio: ma introducendo il volume di Giovanni Grasso “Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia” (edizioni San Paolo) biografia del politico siciliano, presidente della Regione, ucciso barbaramente il 6 gennaio 1980 alla presenza di moglie e figli da killer rimasti sconosciuti, proviamo a partire... dalla Padania. Digressione? Volo pindarico, mentre l’essenza del volume è su un politico cristiano (convinto) che testimonia fino all’ultimo i grandi valori del cattolicesimo sociale nei quali si è formato, ed è consapevole che si avvicina per lui il giorno della fine? Niente di tutto questo, e invece la sorpresa di scoprire in un volume biografico come quello scritto da Grasso il fortissimo intreccio di fatti, idee, personaggi che hanno segnato gli anni culminanti della storia della Dc nel nostro Paese, sia a livello centrale, sia nelle Regioni come, nel caso in questione, la tormentata Sicilia. Anni che hanno segnato il culmine della cosiddetta “prima Repubblica”. Per il materializzarsi della Lega di Bossi ci vorrà un decennio, ma la notazione “padana” della biografia di Mattarella è, comunque sia, una curiosità in se stessa, perché riporta indietro al 1975 e offre una lettura curiosa e inusitata su come le idee più strane a volte sorgano in contesti inimmaginabili, poi rimossi dalla storiografia ufficiale.
Proprio nel 1975, cinque anni prima di morire, Mattarella, già in carica come presidente della Regione siciliana, “si scaglia contro la proposta del presidente della regione Emilia-Romagna, il comunista Guido Fanti, di creare un patto federativo tra le Regioni ricche del Nord per realizzare una nuova realtà geografica, la ‘Padania’. Un’idea che Piersanti - scrive il suo biografo - definisce ‘neocapitalista di aggregazione di forti, non certo a vantaggio di chi rimane escluso’. E polemizza con i finti meridionalisti, annidati tra i partiti e perfino tra i sindacati”. Nel suo intervento sul “Giornale di Sicilia” dell’11 novembre 1975 Mattarella prosegue nell’analisi della auspicata “Padania” affermando che, riguardo al “problema meridionale”, si fa “una politica industriale del tutto contrastante... condizionata e voluta dalla forza delle Regioni padane che hanno tutto l’interesse, sia dalla parte padronale che da quella operaia, con buona pace di partiti - Pci con gli altri - e sindacati, a che le cose continuino come sono andate finora”. La citazione “padana” nella biografia di un politico come Piersanti, figlio di un ministro (Bernardo Mattarella), fratello di un altro ministro (Sergio), capo di una corrente di cattolici democratici siciliani, che avrebbe potuto divenire il successore di Moro alla guida della Dc se un killer non l’avesse fermato, ci dice che in Italia i problemi sono duri a morire: non solo la “questione meridionale” era ben chiara già allora, negli anni Settanta, ma lo è ancora e in primo piano oggi, 40 anni dopo, quando sembra che nulla o quasi sia cambiato. Il Mezzogiorno non è rinato e la “Padania” non ha avuto successo: curiosità della storia! Piersanti Mattarella rivive nella biografia di Grasso e con lui rivive un incredibile intreccio di figure: dai personaggi della mafia palermitana, capi delle cosche più famose e spietate, ai giudici e poliziotti famosi e morti a loro volta ammazzati (su tutti Falcone e Borsellino), ai politici locali e nazionali, oltre ad alti funzionari pubblici, che ruotavano attorno a Mattarella, che lo hanno sostenuto o contrastato, alcuni caduti a loro volta vittime di killer (Pio La Torre, per citarne uno, senza contare figure quali Chinnici e Dalla Chiesa). Insomma, un personaggio - Mattarella - che è stato come “dimenticato” nell’immaginario storico degli ultimi decenni, forse perché era un cattolico convinto, coscienzioso, “devoto e appassionato” - scrive Grasso. Il biografo mette il dito sulla piaga: “Durante la recente cerimonia di beatificazione di don Pino Puglisi: accanto alla figura del prete martire di Brancaccio sono stati citati, tra gli applausi, Falcone, Borsellino e Livatino. Ma non Piersanti Mattarella. Perché?”. La risposta chiama in causa diversi fattori: da quelli culturali e di discredito per i “martiri” di una Dc infamata in senso generale, a quelli ecclesiali dove la Chiesa “nel suo complesso è stata colta impreparata dalla fine della Democrazia cristiana”. Con Piersanti Mattarella la Dc ha perso, a poca distanza di tempo dall’omicidio di Aldo Moro, un futuro leader nazionale con tutti i requisiti di moralità, integrità e capacità politica per ridare slancio al partito, così come stava tentando di fare Moro quando le Brigate Rosse lo fermarono. E, curiosità, non si sono mai individuati i mandanti e i responsabili dell’assassinio. Le indagini hanno rasentato l’estremismo di destra e quello di sinistra, oltre che alcune cosche mafiose tra le più violente. L’omicidio Mattarella resta un mistero, ma la sua memoria restituisce l’esempio di un cattolicesimo sociale che molti forse vorrebbero definitivamente morto e sepolto.

Fonte: agensir

La famiglia irradia la meraviglia di Dio


Il Papa ai vescovi spagnoli, incontrati in occasione della visita ad limina, ha rivolto un discorso che conteneva, tra l’altro, un significativo passaggio sul rapporto fra famiglia e fede.
 
La fede non è una mera eredità culturale, ma un regalo, un dono che nasce dall’incontro personale con Gesù e dall’accettazione libera e gioiosa della nuova vita che ci offre. Ciò richiede annuncio incessante e animazione costante, affinché il credente sia coerente con la condizione di figlio di Dio che ha ricevuto nel Battesimo.
Risvegliare e ravvivare una fede sincera favorisce la preparazione al matrimonio e l’accompagnamento delle famiglie, la cui vocazione è di essere luogo nativo di convivenza nell’amore, cellula fondamentale della società, dove si trasmette la vita, e Chiesa domestica, dove si forgia e si vive la fede. Una famiglia evangelizzata è un prezioso agente di evangelizzazione, soprattutto perché irradia le meraviglie che Dio ha operato in essa. Inoltre, essendo per sua natura ambito di generosità, promuoverà la nascita di vocazioni alla sequela del Signore nel sacerdozio o nella vita consacrata.

Famiglia, custodisci il Creato

Una giornata di studio sul tema il 29 marzo

Come si possono costruire e diffondere stili di vita che permettano di aumentare il nostro livello di benessere senza per questo depauperare le risorse naturali che dobbiamo conservare per i nostri figli? Come si può fare in modo che questi nuovi stili di vita siano, oltre che eco-compatibili anche auspicabili? E come portare i nuclei familiari ad adottarli affinché si possa parlare di “conversione ecologica” della società? Domande difficili ma ineludibili per il futuro dell’Umanità, come ha più volte sottolineato il magistero pontificio e la comunità scientifica internazionale. Per cercare di rispondere a questi interrogativi, il Pontificio Consiglio per la Famiglia, in collaborazione con l’associazione Greenaccord Onlus, il 29 marzo organizzerà in Vaticano (Sala San Pio X – via della Conciliazione 5, inizio ore 9) la giornata di studio “Famiglia, custodisci il Creato!”.
  
"E’ urgente individuare strade innovative e coraggiose e stabilire i criteri di un nuovo rapporto con la “natura” che mettano al centro lo sviluppo di ogni persona e dell’intera umanità." - afferma S.E. Mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia - "La famiglia è uno degli snodi cruciali di questo percorso; essa infatti riafferma un NOI costitutivo che si oppone alla dittatura di un IO assoluto (sciolto cioè da ogni legame) che pretende di essere padrone della terra e di disporne arbitrariamente."
 
“L’obiettivo dell’incontro – spiega il presidente di Greenaccord Onlus, Alfonso Cauteruccio – è di indagare questi temi cruciali attraverso le analisi proposte da scienziati, economisti e teologi di livello. L’auspicio è che i loro studi, le loro riflessioni, i loro contributi possano determinare una significativa inversione di rotta verso un modello di sviluppo e di consumo che non abusi delle risorse e che renda la famiglia soggetto economico attivo e capace, mediante le scelte giornaliere di economia domestica, di consapevolezza che ogni singolo gesto può essere più rispettoso e meno impattante sul Creato”.
 
Due le sessioni di lavoro previste. In quella antimeridiana, sono previsti gli interventi di S.E. Mons. Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia; di S.E. Ambrosius, metropolita ortodosso di Helsinki; Felix Finkbeiner, fondatore del movimento internazionale dei ragazzi “Plant for the Planet”;Luigino Bruni, economista e coordinatore della commissione internazionale Economia di Comunione (EdC); Jeffrey Sachs, Direttore dell’Earth Institute della Columbia University.
Nel pomeriggio, parleranno P. Guido Innocenzo Gargano, monaco camaldolese di San Gregorio al Celio e professore straordinario di patrologia al Pontificio Istituto Orientale; Gary Gardner, ricercatore del Worldwatch Institute; Leonardo Becchetti, economista dell’università Tor Vergata;.
 
Le due sessioni saranno concluse dalle testimonianze di una famiglia aderente a Coldiretti che ha optato per l’agricoltura come scelta di vita, di una famiglia napoletana che ha partecipato al progetto “La Terra è casa tua” realizzato da Greenaccord insieme alla Diocesi di Napoli con il fine di favorire l’adozione di stili di vita sostenibili, e di una famiglia che vive il dramma della “Terra dei Fuochi”.
 
Per partecipare all’incontro è consigliabile accreditarsi presso la segreteria di Greenaccord, scrivendo apress@greenaccord.it.
Giornalisti, fotografi e operatori video dovranno necessariamente accreditarsi entro il 27 Marzo prossimo.