venerdì 17 gennaio 2014

Lo Stato si fa ricco ballando sui poveri

di Ruggero Capone
Le acque torbide e burrascose non sembrano abbandonare l’Esecutivo Letta: il Governo teme che la sua maggioranza possa abbandonarlo proprio sulle misure più rigide, ovvero imporre ai comuni più grandi di adottare le aliquote Tasi più alte. Quest’ultima, già nota come “nuova tassa sui servizi indivisibili”, vede la luce con un emendamento al decreto 151 del 2013: contiene circa 400 milioni di fondi per il Comune di Roma, ma dà anche mano libera a tutti i sindaci d’Italia perché vengano grassate le tasche dei proprietari d’immobili.

Intanto la Commissione Bilancio di Palazzo Madama non ha neppure avviato la discussione generale sul decreto 151. I comuni sostengono che, senza l’adozione delle aliquote massime sulla Tasi, perderebbero un miliardo e mezzo di risorse: i sindaci hanno chiesto pubblicamente di poter aumentare dal 2,5 al 3,5 per mille l’aliquota massima (prevista nel 2014 dalla Legge di Stabilità), ma si augurano che il Governo permetta loro di sforare il 4 per mille. Rammentiamo che, senza eventuali modifiche, sulle case diverse dall’abitazione principale il prelievo massimo (somma di Imu e Tasi) è già dell’11,1 per mille, ma ai Comuni non basta e c’è già chi parla di “mini patrimoniale comunale suppletiva”.

L’emendamento non piace ai parlamentari del Nuovo Centrodestra, che già sanno di dover essere attaccati dai colleghi di Forza Italia. I soloni del Governo ci ricordano che “la Tasi è una delle tre gambe di cui si compone la Iuc (Imposta unica comunale) che, nella versione prevista dalla Legge di Stabilità, dovrebbe assicurare 22 miliardi di gettito l’anno”. Ma la nuova legge, pur assicurando ai Comuni una maggiore leva fiscale, non tiene conto che in soli sei mesi è aumentata l’esigenza di spesa pubblica proprio degli enti locali.

L’emendamento del Governo potrebbe alzare le tasse sulla casa al livello analogo ai 24 miliardi riscossi con l’Imu nel 2012: secondo gli esperti i 24 miliardi sarebbe facile coprirli, ma a conti fatti da qui a giugno emergerebbe un nuovo buco per la lievitazione di spesa. Il sottosegretario al Tesoro, Pierpaolo Baretta, ha dichiarato che i sindaci “dovranno utilizzare le maggiori entrate prioritariamente per rafforzare le detrazioni dalla Tasi a favore delle famiglie”: esortazione utopica, visto che le amministrazioni locali proprio per far quadrare i conti dovranno ridurre le detrazioni per le famiglie più bisognose.

Ma quale formula potrebbe escludere i vincoli (europei e nazionali) nell’utilizzo delle risorse, consentendo ai Comuni di non chiudersi nel solo ripianamento del disavanzo di bilancio? A conti fatti i Comuni non possono che aumentare le tasse, perché la loro spesa corrente lievita quotidianamente e senza che s’impegnino in grandi opere. Intanto è ormai evidente che la Iuc peserà più della vecchia Imu. La nuova imposta sulla casa sarà composta da Imu, Tasi e Tari: riguarderanno rispettivamente la componente patrimoniale, la fruizione di servizi comunali (cui sono collegati i servizi indivisibili, la Tasi), a carico sia del possessore che dell’utilizzatore dell’immobile, e la tassa sui rifiuti (Tari, che dovrà essere versata da chiunque occupi l’immobile).

La componente patrimoniale del tributo unico dovrà essere pagata dai proprietari nella misura massima dell’8,1 per mille l’anno, ma non sarebbe dovuta (il condizionale è d’obbligo per le varie modifiche in agguato) per prime case, terreni agricoli e fabbricati rurali, mentre un altro 1,5 per mille dovrà essere pagato da tutti gli utilizzatori degli immobili: nel caso gli utilizzatori fossero anche proprietari, dovrebbero corrispondere un ulteriore uno per mille. La nuova tassa sulla casa è un salasso da 100 euro in più per la maggioranza delle famiglie. Se l’Imu prevedeva sconti per le famiglie di 200 euro più 50 per ogni figlio, la Tasi all’interno della Iuc avrà una media di scarsi 26 euro di detrazioni. Secondo le stime, la Iuc costerà più della vecchia Imu in tutte le città italiane.

Nei grandi centri come Roma, Milano, Torino, Genova, Firenze, Bologna, Venezia, Napoli, Bari e Palermo sarebbero già pronte le previsioni di mancato pagamento delle nuove imposte. Va rammentato che le varie proteste contro Comuni, Equitalia ed Agenzia delle Entrate non hanno per nulla mutato la normativa. Oggi, pignorare un immobile ad una persona in difficoltà con i pagamenti è più facile che in passato: da una decina d’anni una nuova legislazione permette agli enti locali un percorso preferenziale per ipotecare e pignorare beni mobili ed immobili. E non dimentichiamo la nuova vulgata ministeriale, ovvero “lo Stato deve ricostruire il proprio patrimonio immobiliare”. Per farla breve, ieri gli enti pubblici svendevano case e palazzi di pregio, oggi intendono riscostruirsi le patrimonializzazioni immobiliari mandando per strada chi si trova in evidente difficoltà economica.
L'Opinione

Nessun commento:

Posta un commento