venerdì 27 dicembre 2013

Parlamento confuso,cine-panettone horror

di Paolo Pillitteri

EDITORIALI
La lenta agonia della Seconda Repubblica si porta con sé una serie di evidenziatori della sua pochezza politica e, al tempo stesso, della sua impunita faccia di bronzo nel negarne l’evidenza. È proprio questo il problema, l’assenza di autocritica sommata alla mancanza di idee, di un progetto e la persistente idiosincrasia per le critiche. Il fallimento di un ventennio non è dovuto al destino cinico e baro, ma a questa classe dirigente che “dirigente” non lo è mai stata perché non ha saputo imporsi, fin da subito, al vecchio establishment, ai poteri consolidati (forti) fra cui la magistratura che, di fatto, è il gestore delle faccende italiane: e se ne vedono le conseguenze. Prima Berlusconi, poi la sinistra con Prodi e D’Alema, poi di nuovo il Cav, sono stati risucchiati nella gelatina delle non-scelte sullo sfondo dell’incontrollabile super-casta togata che ha messo il sigillo sulla “vittima” più rappresentativa della Seconda Repubblica: il leader di Forza Italia, il quale non si arrende, ci mancherebbe altro, lui è un vero gladiatore che soltanto nell’arena, armi in pugno, vuole lottare. Fino alla fine.

Solo che la politica, anche per chi sta all’opposizione - e non si capisce bene a che sia servita al Cav la scissione del suo partito - è un’altra cosa, e la sua arena è il Parlamento, le leggi da approvare, le idee da lanciare, i programmi da realizzare. E la legge elettorale, la prima di queste “cose” da fare. Già, sono dieci anni che lo dicono e il risultato è lo schiaffo della Corte Costituzionale che ha divelto il Parlamento del Porcellum. Sia Berlusconi che Renzi si stanno “usmando” (come si dice qui al nord) proprio sulla legge elettorale, entrambi per “ricattare” Letta e Alfano, giocando allo scavalco e, da parte di Matteo, infischiandosene del ministro Quagliariello che non sembra particolarmente presente nel dibattito che pure lo riguarda. Vista da vicino, questa querelle con tanto di incontri furtivi fra Brunetta e staff renziano o fra Verdini e amici del sindaco, è l’ultimo stadio del teatrino della politica prima dello schianto finale. Perché sia lo stesso Renzi che, soprattutto, il Cavaliere, non sanno che pesci prendere su questa legge. Non si sono preparati, fanno annunci in nome dell’eterno mantra del salvataggio del bipolarismo/maggioritario, cui il Cavaliere ha aggiunto di suo l’auspicio surreale di un sistema bipartitico all’americana, che altro non è che il Porcellum aggiornato. O no?

E come può esistere un sistema non solo bipolare ma addirittura bipartitico con la presenza di tre partiti antagonisti fra loro? È chiaro che parlare di maggioritario, mattarellum, buthanellum (dal Buthan) senza calarli nella realtà odierna è menare il can per l’aia e prendere per il naso gli elettori. Se Alfano ha le idee più chiare sulla riforma elettorale, dalle parti di FI sembrano, al contrario, confuse, anche perché il Cav ha altro per la testa; sta tirando i remi in barca, non ha nessuna voglia di occuparsi di un partito che non c’è, che non vuole e che sta smontando del tutto nelle sue fantasmatiche parvenze gerarchico-organizzative: fino a che non resterà più nessuno e l’ultimo spegnerà la luce, per dire... La fine della parabola berlusconiana è iniziata quando il Cavaliere non ha saputo o voluto cambiare il “vecchio” nel Paese, lasciandosi avviluppare, lui che si presentava come il “nuovo che avanza”, dal retaggio vischioso del male italiano: l’eterno ritorno del sempre uguale peggiorato dalla politica degli annunci senza poi realizzarli. Così è stato sprecato un ventennio. Scommettiamo che persino il nemmeno quarantenne Matteo finirà con l’esserne contagiato? Sintomi ce ne sono eccome, e non solo dalle parti della riforma elettorale su cui Renzi e il suo giovane staff o non hanno le idee chiare o fingono e giocano a rilanciare schemi variabili coi soliti mantra ma senza un solido backstage istituzionale.

Se guardiamo a quanto sta accadendo alla Camera dove il Partito Democratico ha la maggioranza assoluta, sembra che questo partito, baricentro del potere politico come lo era la Democrazia Cristiana, si lasci volentieri trascinare dentro i gorghi delle finanziarie-monstre vecchia Dc, la peggiore delle quali, peraltro, era nettamente migliore di quest’ultima. E Renzi che fa, che dice, che preme, che auspica, che impone? Dicono: lasciatelo respirare, è appena arrivato, dategli tempo. Il fatto è che lui corre a perdifiato da un capo all’altro dello Stivale trovando il tempo di tuonare contro la sopravvivenza delle province, e si accorgerà che ha ragione il buon Casini a frenare, e mettendo il veto sulle slot-machine, che avrà pure qualche ragione. Ma il Renzi del “chi si ferma è perduto” se ne guarda bene dal mettere alla berlina i responsabili, i veri gestori governativi e parlamentari (ovvero il suo partito) di questa legge di stabilità. Che ha prodotto un impressionante cine-panettone (sezione horror), degno dell’oscar per i peggiori film dell'anno. Ma non doveva essere l’anno di Renzi?
L'Opinione

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