

Arrestata dalla polizia e rinchiusa nel carcere minorile di Rawalpindi, la giovane cristiana, come prevede la legge sulla blasfemia, ha rischiato la condanna a morte. Ma per la prima volta nella storia del Pakistan, la storia ha avuto un esito diverso. Invece che essere uccisa prima della fine del processo, Rimsha è stata giudicata e prosciolta da tutte le accuse.
Di più, il suo accusatore è stato condannato per aver fabbricato ad arte le “prove” e la comunità musulmana si è schierata con la giovane cristiana. Il 15 gennaio 2013 la Corte suprema del Pakistan ha riconosciuto in via definitiva l’innocenza di Rimsha, dimostrando a tutto il paese il modo strumentale in cui la legge sulla blasfemia viene usata per colpire i cristiani. Oggi Rimsha vive con la sua famiglia in Canada, perché in Pakistan rischierebbe ogni giorno la vita.
Di più, il suo accusatore è stato condannato per aver fabbricato ad arte le “prove” e la comunità musulmana si è schierata con la giovane cristiana. Il 15 gennaio 2013 la Corte suprema del Pakistan ha riconosciuto in via definitiva l’innocenza di Rimsha, dimostrando a tutto il paese il modo strumentale in cui la legge sulla blasfemia viene usata per colpire i cristiani. Oggi Rimsha vive con la sua famiglia in Canada, perché in Pakistan rischierebbe ogni giorno la vita.

Lo scorso 4 settembre i terroristi islamici, che da quasi tre anni combattono il regime di Bashar Al Assad, hanno conquistato il villaggio di Maloula, incastonato tra due colossi di roccia, ritenuto la culla della cristianità siriana anche perché i suoi abitanti parlano ancora un “dialetto siriaco” molto simile, se non identico, al dialetto aramaico che parlavano Gesù e i primi cristiani.
Sarkis si è svegliato come tutta la città al mattino per gli spari e per gli islamisti che gridavano «Allahu Akbar», Dio è il più grande. I terroristi hanno buttato giù la porta di casa sua e hanno urlato: «Venite fuori e state tranquilli». Sarkis, insieme a Mikhael e Antoun, è uscito e ha fatto la sua professione di fede prima di essere ucciso come tanti altri cristiani in tutta la Siria a sangue freddo dai ribelli, che poi sono entrati in casa sparando e lanciando una bomba a mano.
La sorella di Antoun si è salvata ed è riuscita a recuperare i corpi dei tre cattolici, ai cui funerali nella cattedrale greco-cattolica di Damasco hanno partecipato centinaia di persone, «una via crucis immensa».
La sorella di Antoun si è salvata ed è riuscita a recuperare i corpi dei tre cattolici, ai cui funerali nella cattedrale greco-cattolica di Damasco hanno partecipato centinaia di persone, «una via crucis immensa».

Queste le parole che sono costate a monsignor Ma l’inizio di un calvario che dura ancora oggi: «Con questa ordinazione, io consacro il mio cuore e la mia anima al ministero episcopale e all’evangelizzazione. Voglio dedicarmi ad assistere il vescovo [Jin Luxian, allora 96enne, oggi deceduto, ndr] e per questo ci sono alcune posizioni che mantengo e che risulterebbero sconvenienti. Da oggi in poi, dunque, non sarò più membro dell’Associazione patriottica».
Alla fine dell’ordinazione, la polizia ha aspettato il vescovo fuori dalla chiesa e l’ha arrestato portandolo nel monastero di Sheshan «per riposare». Per punirlo di essersi opposto al partito, la polizia l’ha privato della possibilità di uscire in pubblico e dire Messa per due anni. Infine, gli hanno anche revocato il titolo di vescovo, che resta però valido per la Chiesa cattolica.
Sabato 27 aprile, Jin Luxian è morto e monsignor Ma è diventate il legittimo vescovo di Shanghai. Ma il partito comunista lo tiene ancora in prigione «per partecipare a dei “corsi di studio”» perché lui non ha voluto rinnegare il Papa come centinaia di altri sacerdoti cinesi. Da allora, le poche notizie che si hanno di lui si limitano a qualche articolo sulla natura pubblicato sul suo blog su internet.
Sabato 27 aprile, Jin Luxian è morto e monsignor Ma è diventate il legittimo vescovo di Shanghai. Ma il partito comunista lo tiene ancora in prigione «per partecipare a dei “corsi di studio”» perché lui non ha voluto rinnegare il Papa come centinaia di altri sacerdoti cinesi. Da allora, le poche notizie che si hanno di lui si limitano a qualche articolo sulla natura pubblicato sul suo blog su internet.

Il direttore dell’Insegnamento cattolico a Soissons, Laon e Saint-Quentin lo scorso 1 aprile sfruttando la bella giornata è andato insieme alla moglie e ai sei figli a fare un pic-nic pasquale ai giardini del Lussemburgo. Ad aprile la società era pervasa dal dibattito sul matrimonio gay, poi approvato dal governo Hollande, e Franck portava la felpa della Manif pour tous, che rappresenta senza slogan un uomo, una donna e due bambini che si tengono per mano.
Le guardie che proteggono il Senato, che si trova vicino ai giardini, hanno avvicinato Franck e gli hanno imposto di togliersi o coprire la maglietta «perché contraria ai buoni costumi». «Io ho chiesto spiegazioni, dicendo che non era mia intenzione provocare nessuno, anche perché non vedo niente di scioccante o provocatorio nel simbolo – ha dichiarato Franck inun’intervista a tempi.it – Allora il tono si è un po’ alzato, le guardie hanno detto che avrebbero steso un verbale e io ho risposto che non avevano il diritto di farmi un verbale perché indossavo una maglia. Allora mi hanno chiesto di seguirli al posto di polizia (foto a fianco, ndr) che si trova nel bel mezzo dei giardini e là mi hanno fatto una contravvenzione».
Franck è rimasto qualche ora al commissariato, poi è stato rilasciato dopo essere stato costretto a togliersi la maglia. Come testimoniato per primo da lui «chi sottolinea il fondamento naturale della famiglia, affermando un modello preferenziale di famiglia, rischia in Francia di creare dei problemi, perché c’è chi vuole che tutti i modi di formare una coppia siano messi sullo stesso piano». Franck è stato il primo, ma in tanti sono stati tenuti anche più di 15 ore in prigione per aver sostenuto che la famiglia è formata da uomo e donna.

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